tag:blogger.com,1999:blog-27709223971030462162024-02-06T18:45:16.377-08:00La Donna e il Mostro nel MitoIl Mito Greco e la sua prepotente presenza nella vita quotidiana. Il "grecamente vivere" che diventa sguardo appassionato sul mondo, l'amore per la letteratura greca e le (dis)avventure di una "prof" di provincia che vuole imparare dalla Bellezza degli esseri umani. Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.comBlogger16125tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-32442436654760508172020-08-05T03:27:00.001-07:002020-08-05T03:27:24.200-07:00Letture di giugno e luglio<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><b>M. Nucci, Achille e Odisseo. La ferocia e l'inganno,
Einaudi</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">La penna di Nucci è fedele a se stessa e
riconoscibilissima: chi ha letto Le lacrime degli eroi e L'abisso di Eros sa
che Nucci è promessa di scrittura altissima. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Questo libro è a metà strada tra il romanzo e il
saggio e, allora, si sogna, si impara,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>ci si conferma nell'estasi dell'innamoramento: Achille resta sempre il
leone e Odisseo non può che essere il polpo. A pagina 87, ho pianto:"<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La fragilità degli eroi. Perché non esiste
uomo realizzato che non si sia misurato con le proprie debolezze. Al punto che
si potrebbe stabilire una legge che agli appassionati di supereroi e agli
illusi dell’invincibilità degli antichi personaggi mitici potrebbe risultare
completamente indigesta. Solo chi conosce le proprie debolezze può dirsi uomo.
Solo chi è davvero pronto alla sconfitta può ambire all’espressione completa della
propria umanità: l’eroismo</i>”.<o:p></o:p></span></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRnZ7Htp-Cf2M6jJH2-2-Xw7q1btJNgcjLbsw89JS1tBtJiFaIIm9deq5JQa9ROju4BEg6AbJjB1OXfzKGRtgtp4S8ia4bY-3rmGdMKFot6SwfzBVLjkM6-maoaojYjVTm1u4x1t76OA4/s1600/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+12.19.01.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="938" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRnZ7Htp-Cf2M6jJH2-2-Xw7q1btJNgcjLbsw89JS1tBtJiFaIIm9deq5JQa9ROju4BEg6AbJjB1OXfzKGRtgtp4S8ia4bY-3rmGdMKFot6SwfzBVLjkM6-maoaojYjVTm1u4x1t76OA4/s640/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+12.19.01.jpeg" /></a></div><p class="MsoNormal"><br /></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><b>G. Montefoschi,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Desiderio, La nave di Teseo</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Nel bel mezzo di relazioni disciplinari, relazioni
coordinate di classe, giudizi e numeri,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>volevo un romanzo leggero, che mi distraesse: mi sono ritrovata a
leggere Desiderio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Trama un po' obsoleta: l'amore che sopravvive a
tutto e che si intreccia a gelosie, dolori, malattia, ossessione della
malattia.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Bugie, radici, traumi. Buon
romanzo, scritto in una bella lingua italiana, ma troppi personaggi. Roma
splende ovunque. Il passaggio più bello è a pagina 153: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Avrebbe voluto dirle che l’amava, non aveva smesso neppure un giorno
d’amarla, era stato il suo unico amore; che gli anni nei quali erano stati
lontani potevano cancellarli in un istante; che la sofferenza atroce dalla quale
era stato annichilito, pure quella era sparita, non esisteva più; che gli
occhiali lo avevano commosso, tutto lo commuoveva di lei: le calze tirate, i
tacchi alti, i meravigliosi occhi neri, le labbra dischiuse che spasimava di
baciare per ritrovare il sapore che non aveva dimenticato mai; che lo avrebbe
fatto immediatamente, se non ci fossero stati quei ragazzini con le biciclette,
le mamme con le carrozzine, i passanti, ma che era bello pure così: non pensare
a nulla, stare vicini…</i>”.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgytZhf3_98c_jC7DiX1wa9JEfAyh5adylTDiuopMbogmcG4O6k5tR_3zBWLR9MYHdKSYDlGEoIZmqFbrMmZP11CwOJ8vxaRC-gX4t5g2WHaIx_-Aw4GnoMsAeoznVPpJuaD6xmzLbgczk/s1600/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+11.50.05+%25282%2529.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="777" data-original-width="1600" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgytZhf3_98c_jC7DiX1wa9JEfAyh5adylTDiuopMbogmcG4O6k5tR_3zBWLR9MYHdKSYDlGEoIZmqFbrMmZP11CwOJ8vxaRC-gX4t5g2WHaIx_-Aw4GnoMsAeoznVPpJuaD6xmzLbgczk/s640/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+11.50.05+%25282%2529.jpeg" width="640" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><b>G.Ritsos, Bianche macule sopra il bianco, Torri del
vento.</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Ghiannis Ritsos è monumentale, in tutto ciò che Egli
è e ha scritto. Quando mi è capitato per la prima volta di leggere una sua
poesia mi trovavo ad Atene, era il 2015, cercavo notizie sul teatro che avevo
appena visto sulla strada che percorrevo, mentre aspetto la mia moussakà in una
taberna e mi imbatto su internet in una poesia: c'è chi naviga poi ci sono io
avvezza ai naufragi.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><br />
La poesia era tratta Erotica e così creduto che si trattasse di un “amoroso” e,
poiché ingabbiata in un amore senza capo né coda e poiché tutto mi sentivo
tranne che adulta, volli leggere Erotica e feci l'ordine su Amazon, così al mio
entro in Italia avrei trovato il libro a casa. Questo per dire che tutte le più
grandi passioni nascono nell’assoluta incoscienza. Erotica non era che la punta
di un iceberg bollente fatto di mitologia, di resistenza, di amore per gli
altri, di dolore, ma soprattutto di una tale potenza di esistere che mi ha
guarita da tutte quelle pochezza nelle quali quotidianamente mi imbrigliavo.
Nel 2016 mi sono dovuta di colpo inventare adulta, ho smesso di essere figlia,
ho conosciuto la morte e lì, ancora una volta, Ritsos è stato la catena che mi
ha tenuta stretta all’esistenza. Ho letto tutto ciò che di Ritsos è stato
tradotto in italiano: sono certa che con Ritsos, appena mi sentirò pronta,
imparerò il neogreco.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Intanto quest’estate, due nuove pubblicazioni di
Ritsos (oramai le sue opere sono per lo più introvabili!) hanno arricchito la
mia anima: la prima è proprio BIANCHE MACULE SOPRA IL BIANCO. Si tratta di 110
poesie tradotte da M. Caracausi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Ci sono gli oggetti di Ritsos, c’è il suo sguardo
che placa il mondo, c’è il dolore che tace e la pace naturale, c’è il bianco
che acceca, il bianco che accoglie, il bianco che vomita la tempesta. C’è
l’amore, c’è la morte. C’è la bellezza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dentro i miei
sogni<br />
sempre tu,<br />
con una bicicletta,<br />
con un albero,<br />
con lo specchio.<br />
Togliti una buona volta<br />
dai capelli <br />
questa rosa.<br />
Io<br />
inchiodo le mie carte<br />
con una stella<br />
perché non me le porti via il vento</i>”.</span></p><p class="MsoNormal"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9jyd6-3JxknKF_FECKyEkk1qiO6_Qeee86m4pZLHIGemUgW-gq2Hpbw8FH0J1Pjc-qy9BI6J1SZC_RExTbi2LgVfNa_6mWMZ0prHeKrP-zSxE_DmQO71ujLjhQeGCBTbD4yKYNdhgO0A/s1600/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+11.50.06.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="904" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9jyd6-3JxknKF_FECKyEkk1qiO6_Qeee86m4pZLHIGemUgW-gq2Hpbw8FH0J1Pjc-qy9BI6J1SZC_RExTbi2LgVfNa_6mWMZ0prHeKrP-zSxE_DmQO71ujLjhQeGCBTbD4yKYNdhgO0A/s640/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+11.50.06.jpeg" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><br />
<br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span><p></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><b>G. Ritsos, Molto tardi nella notte, Crocetti editore</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Opera capolavoro, ultima raccolta di Ritsos,
composta tra il 1987 e il 1989 a Samo. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">È la raccolta più cupa di Ritsos, una sorta di
“appressamento della morte”, ma anche una specie di lascito dell’essenziale. La
traduzione di Nicola Crocetti è strepitosa, musicale, aspra e dolce al tempo
stesso. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">È la poesia delle “Assenze”:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Bella donna silenziosa, dall’incedere
lento,<br />
avvolta nella porpora della sera<br />
tra due pavoni dalle code aperte.<br />
Fuori della porta, le grandi galosce infangate<br />
del guardaboschi. E sopra le alberature<br />
occhieggia una piccola luna balbuziente.<br />
Ora dovrai parlare tu al suo posto,<br />
ma le parole mancano a poesie già dette</i>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">E’ il luogo dell’oblio (<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Oh, anni infantili dimenticati,/anni senza sospetti, ipnotizzati dal
bel sole/ tra due miracoli ignoti. Il grande libro/ era chiuso sulla sedia di
paglia del giardino</i>).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">È la poesia del tempo, delle rivoluzioni lontane,
della tristezza sottratta all’uomo dai giorni d’estate:<br />
Un’altra estate<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Questi bei giorni di sole sottraggono
ogni argomento alla tristezza.<br />
Baluginano le case calcinate sparse sulla collina verde.<br />
Ecco, anche un cavallo rosso nella piana. Ma erano veri<br />
quella ragazza nel campo di granturco e quel ragazzo<br />
nell’oro del meriggio che faceva segno al battello di passaggio<br />
con l’asciugamano da bagno. Eri vero<br />
anche tu che credevi alla musica e non avevi niente di tuo<br />
se non quello che donavi, e forse quello che donerai ancora</i>.<br />
(Karlovasi, 25.VII.87)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">L’ultima estate<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dicono addio i colori dei tramonti. È
tempo di preparare<br />
le tre valigie-i libri, le carte, le camicie-<br />
e non scordare quella veste rosa che ti stava così bene<br />
anche se d’inverno non la indosserai. Io, <br />
nei pochi giorni che ancora ci restano, riguarderò<br />
i versi scritti in luglio e agosto,<br />
anche se temo di non avere aggiunto niente, semmai <br />
di avere sottratto molto, poiché da ess traspare<br />
l’oscuro sospetto che questa estate<br />
con le sue cicale, i suoi alberi, il mare,<br />
coi fischi delle navi nei tramonti gloriosi,<br />
coi barcaioli sotto i balconi al chiar di luna<br />
e con la sua misericordia ipocrita, sarà l’ultima.</i><br />
(Karlovasi, 3.IX.89)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">È la poesia della lenta stanchezza, degli addii. Ed
è sintesi straordinaria della produzione di Ritsos. È l’opera aspettata da
anni, cercata, introvabile. È carne, sangue e spirito. Ritsos andrebbe
ASCOLTATO in tutte le scuole del creato, insieme al battito del proprio cuore.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-rFwBV_WKwHPmhHEfb5f-o1m068DjrEs4KNrzJDa_Eiu5Ac3bnBPCVuUdGf22NTRaruSNO0QynBwkT-rx_BOT0fCYMJm5QlO9CPoefrw8bYKTgbhUVbzIzzYvhLzgIsG132CwHW3texU/s1599/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+11.50.05+%25281%2529.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1599" data-original-width="865" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-rFwBV_WKwHPmhHEfb5f-o1m068DjrEs4KNrzJDa_Eiu5Ac3bnBPCVuUdGf22NTRaruSNO0QynBwkT-rx_BOT0fCYMJm5QlO9CPoefrw8bYKTgbhUVbzIzzYvhLzgIsG132CwHW3texU/s640/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+11.50.05+%25281%2529.jpeg" /></a></div><p></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><b><br /></b></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><b>V. Perrin, Cambiare l’acqua ai fiori, edizioni e/o</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Romanzo femminile, storia di una madre-Violette- e
di una figlia –Leonine; storia del più grande dei dolori, della forza di
ricominciare; storia di una casa davanti ad un cimitero, più viva di qualunque
altro luogo.<br />
Romanzo sul senso di esistere che va cercato nella quotidiana cura di un
giardino sacro, sul senso dell’amicizia profonda, della passione che devasta,
delle vite cominciate storte da raddrizzare.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">La salvezza viene dal mare. E così ogni risposta.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Non aggiungo altro: solo che Sasha vorrei
incontrarlo anch’io, un giorno o l’altro.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Questo romanzo lascia addosso una dolcezza che sa di
“cannella”: sembra sia un best seller, meno male che non lo sapevo, forse non
lo avrei scelto.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9MM41MBDvmvfzGXEJgBpDrvMAHUN74ZSHpIks_EcvMGTk4UvBqVuBisJJYOsL1_xmh1chNri_VsdyMqZ9UNoBaPUymlbTAGn5OWOK5sFFQBDt2-9tZdztMnksq6hff_eGEc81FiGVwAU/s1600/WhatsApp+Image+2020-07-30+at+08.42.45.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="777" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9MM41MBDvmvfzGXEJgBpDrvMAHUN74ZSHpIks_EcvMGTk4UvBqVuBisJJYOsL1_xmh1chNri_VsdyMqZ9UNoBaPUymlbTAGn5OWOK5sFFQBDt2-9tZdztMnksq6hff_eGEc81FiGVwAU/s640/WhatsApp+Image+2020-07-30+at+08.42.45.jpeg" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><o:p><b> </b></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><b>O. Kessel Pace, Scilla. Racconto mitologico, Città
del Sole edizioni</b><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">È una “favoletta”. Semplice semplice. Per chi vuole
conoscere il mito di Scilla e l’amore di Glauco. C’è qualche errore
(reinterpretazione?) nella descrizione dell’isola di Eea, che pare
popolatissima, in barba alla solitudine della maga Circe.<br />
Meno male che si legge in un’ora scarsa.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSZeE7Q9JojtS54Z5fcMtUesSOqB1SH072eV8diJVQx6TLTxFtVixmGRbWSbl6LVEtKP-HOW9ySeq9QLnVrozLTfwnEINE8Q4CLzPUCJFPpDuv7XiU6Ow3OBnYIYQhcV6qRsL5JB_lVLI/s1600/WhatsApp+Image+2020-07-30+at+08.43.54.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="777" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSZeE7Q9JojtS54Z5fcMtUesSOqB1SH072eV8diJVQx6TLTxFtVixmGRbWSbl6LVEtKP-HOW9ySeq9QLnVrozLTfwnEINE8Q4CLzPUCJFPpDuv7XiU6Ow3OBnYIYQhcV6qRsL5JB_lVLI/s640/WhatsApp+Image+2020-07-30+at+08.43.54.jpeg" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><br /></span><p></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><o:p> </o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;"><b>S. Veronesi, Il colibrì, La nave di Teseo</b></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">
Non leggo quasi mai “chi vince”, preferisco di gran lunga i “vinti”: questa
volta ho approfittato delle vacanze e un altro romanzo ci stava nelle mie
letture. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 107%;">Il colibrì è una sequela di tragedie che consumano i
giorni del dottor Marco Carrera; alle tragedie si aggiungono detti, non detti,
famiglie solo apparentemente sane, profondamente segnate da incomprensioni,
silenzi, omissioni, compromessi, sensi di colpa. C’è il grande, strano, muto,
difficile triangolo Marco-Luisa-Giacomo (il fratello di Marco); c’è la morte di
Irene, la follia di Marina e c’è, soprattutto, il rapporto esclusivo di Marco
con sua figlia Adele, che mette al mondo Miraijin, poco prima di andarsene via
per sempre. Finale struggente, con una morale di speranza: pur rimanendo
APPARENTEMENTE fermi, si cambia e, nonostante dolori inenarrabili, c’è-e resta
sempre- qualcosa di buono che può salvare il mondo. È un romanzo “strano”.
Triste. Eppure pieno di luce.<a name="_GoBack"></a><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span></p><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4xsAKtSWWotZ-y5mPoQ-mVnS1oFuFIkFOo7FoRSTUH6q92by5sKxspL9glHwhjLrs9J1-7SCkPPEmPYCnF_8ufbsuvzu50hS4G41BTWGiHt_V5sqos28ZjwB4oUEqh0DNyezYVDJVSmY/s1600/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+11.50.05.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="935" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4xsAKtSWWotZ-y5mPoQ-mVnS1oFuFIkFOo7FoRSTUH6q92by5sKxspL9glHwhjLrs9J1-7SCkPPEmPYCnF_8ufbsuvzu50hS4G41BTWGiHt_V5sqos28ZjwB4oUEqh0DNyezYVDJVSmY/s640/WhatsApp+Image+2020-08-05+at+11.50.05.jpeg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"> Francesca Aurelio</div>Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-80277992549420605342020-08-03T11:43:00.004-07:002020-08-03T11:46:50.025-07:00G. Norcia, A proposito di Elena, Vanda edizioni: una "fiaccola" che splende nelle notti d'estate.<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt;">Giuseppina Norcia è una
garanzia: la sua è una scrittura che viene da “lontano”, da una lontananza
fatta di sapienza, saggezza, amore ed elezione. Giuseppina Norcia è una
creatura armoniosa, tra le cui mani scivolano sete d’Oriente e lini
d’Occidente, nella cui voce c’è la grazia di una poetessa e la potenza
oracolare di una profetessa sicana.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAj2Vp2nrJfz79W-b3bBEef0wAYEs8w8hypJ8lD9KRL72TIe17tT-uv6cGt09tq4dq2obICheHucW8Ipa9Ghbk4lTx_ze7QJpjCq-eUVpnh9Xrzqg5wVd93uCb2dOv3gagH7A0VztEpOk/s1600/A+proposito+di+elena.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="777" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAj2Vp2nrJfz79W-b3bBEef0wAYEs8w8hypJ8lD9KRL72TIe17tT-uv6cGt09tq4dq2obICheHucW8Ipa9Ghbk4lTx_ze7QJpjCq-eUVpnh9Xrzqg5wVd93uCb2dOv3gagH7A0VztEpOk/s640/A+proposito+di+elena.jpg" /></a></div><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt;"><br /></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">Dopo il suo Achille,
“compagno di <i>Thanathos</i>”, non mi sarei mai aspettata Elena e, invece, ecco che,
sorprendentemente, arriva colei della quale nessuno ha saputo dire “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">com’era fatta</i>”: del resto, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nessuno lo sa, perché nessuno l’ha mai
guardata: bisognava adorarla come una dea o possederla come una femmina</i>” e
gli uomini la amavano “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">fino ad esserne
terrorizzati</i>”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">Con un incipit di tal
genere, non si può che immergersi “dentro” l’incantesimo di Elena, del suo
odore, che “si respira” anche se lei non c’è. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Di Elena non si sa niente. Crediamo di conoscerla, non l’abbiamo mai
guardata</i>”: è questo il paradosso, Elena, infatti, è la bellezza e la
sciagura, è doppia, è carnefice e vittima, è fiamma d’amore, oggetto d’odio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">Elena è una
maledizione, per sé e per gli altri: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">tutti
coloro che hanno desiderato Elena, intorno a lei hanno costruito un’ossessione
consumata nella violenza, individuale e collettiva. Nella rovina</i>”. Elena è
Lolita, ma è anche vittima sacrificata; Elena è un corpo da espugnare come
fosse una citta e, allora, sostiene l’autrice, “il sesso diviene un’esposizione
del potere e della guerra”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">E’ maestra di seduzione
Elena, come Aspasia, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">con lo sguardo da
cagna</i>”, ma è figlia di Zeus, forse; oggetto di una contesa divina, è la
vittoria amara della bellezza, una bellezza “mai detta”, che solo
apparentemente vince, perché “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">la bellezza
è divenuta una prigione</i>” e “mantiene sempre un carico di dannazione”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">Elena è “fiaccola”, è
la “splendente”, è la “luminosa”: “muove sulla terra i suoi passi, ma
appartiene a un altro mondo” e, come “ogni angelo è tremendo”: “la chiamavano
Elena, come una malattia, un cataclisma, come una sventura”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">Straordinarie le pagine
in cui Elena “diventa” Alcibiade e Alcibiade “diventa” Elena: storia e mito si
intrecciano e divengono vita “senza tempo”, in un gioco di “maschere” volto
solo, come direbbe il conterraneo di Giuseppina Norcia, Luigi Pirandello, alla
nudità.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La donna più bella e più pericolosa del mito e l’uomo più bello e
pericoloso della storia si scambiano le maschere, nel segno del loro carisma,
della conquista, della perdizione</i>”: passi di una struggente meraviglia, che
fanno a gara con le pagine dedicate all’Elena di Stesicoro, alle parole di
Simone Weil. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">La domanda resta però
aperta: “Chi è Elena oggi?”. Non pare esserci altra risposta che quella di
Giuseppina Norcia: “C’è una bellezza che salva e un’altra che irretisce. C’è
una bellezza che libera e un’altra che intrappola dentro desideri
irrefrenabili. E’ doppia, proprio come l’essere umano”. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;">E, quindi, Elena di
Sparta, Elena di Troia, Elena premio di Afrodite, Elena figlia del cigno, altro
non è che uno scintillante giorno di sole davanti al mare in tempesta, con la
canicola, le cicale e i pini che trasudano linfa odorosa. Tale è anche la
scrittura di Giuseppina Norcia: splendente. Seduce e porta nell’altrove di una
donna piena di primavere plurali, lungo sentieri magnifici di coscienza di sé e
dell’altro, nel comune destino di figli di Grecia venuti al mondo nella terra
promessa: questa Magna Grecia sublime e dimenticata, folle e rovente come vampa
d’agosto, che accoglie e non distrugge, che trema e spera, che ricorda e
piange, che brilla.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: "times new roman", serif; font-size: 13pt; line-height: 107%;"> Francesca Aurelio</span></p><br />Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-85821609423360920602020-06-10T12:16:00.003-07:002020-06-10T12:16:54.972-07:00R. Farina, Io per Bruno Brancher non ho mai pagato: un piccolo capolavoro pieno di refusi.<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHrb2-F9t08HlT5jz4-nvp981R2M_Pr-EtweUl7dltRk_xkGDLPTgSKn-i0AxkGvCrmrA0s_FSBh9d_RrQBZgeapg0OGsmwPg6TR1S0WiFFAjYbi6tfQBUeeczOJeQX4zZHoVNOcDFNO4/s1600/WhatsApp+Image+2020-06-10+at+21.02.13.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1271" data-original-width="1600" height="254" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHrb2-F9t08HlT5jz4-nvp981R2M_Pr-EtweUl7dltRk_xkGDLPTgSKn-i0AxkGvCrmrA0s_FSBh9d_RrQBZgeapg0OGsmwPg6TR1S0WiFFAjYbi6tfQBUeeczOJeQX4zZHoVNOcDFNO4/s320/WhatsApp+Image+2020-06-10+at+21.02.13.jpeg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">E’ un giorno d’un giugno di pioggia e marmellata. Ho
appena finito di leggere l’ultima pubblicazione di Roberto Farina, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Io per Bruno Brancher non ho mai pagato</i>.
Il mio umor cangiante, come queste mattine che “doveva essere estate e invece…”,
d’improvviso ha subito una specie di mutazione genetica: avevo custodito per
giorni il libro sul comodino, attendendo che la didattica a distanza e gli
adempimenti di fine anno scolastico mi <i style="mso-bidi-font-style: normal;">concedessero
di concedermi</i> il lusso di una tregua. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">La tregua è arrivata e che tregua! Tre ore traboccanti
dell’impetuosa giovinezza di un ladro scrittore che incontra fatidicamente “l’ultimo
picaro” di nascita, “l’uomo delle biciclette gialle” di mestiere, il poeta per
grazia ricevuta. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">In realtà, come sempre accade per i libri di Farina,
non si sa mai quale sia il limite tra romanzo, saggio, biografia: ciò che crea
Roberto Farina sfida ogni definizione teorica ed esplora terreni di scrittura
abitati dallo stupore, dalla seduzione, da quel desiderio di percorrere le
sillabe con le mani, con gli occhi, con la bocca… Ad ogni sillaba conquistata, si
entra in una sorta di turbamento che invade il tempo e la spazio e ti trascina
nella dimensione smisurata di spaccati di vita dei quali poi è come se si
avesse il sentore di aver fatto parte. E allora eri con Giandante che
percorreva le vie impervie dei suoi volti, eri con Nori che sognava il pane
bianco, eri con Gianca morso dal fuoco. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Questa volta il lettore è sopraffatto dai vent’anni
travolgenti, avventurieri, di un irresistibile Roberto Farina, che si lancia,
come il piè veloce Achille, nella sua giovinezza affamata di eterni oggi e,
allora, ecco che <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Io per Bruno Brancher
non ho mai pagato</i> è un romanzo di formazione, un atto di gratitudine, un
ricordo sublime, un dono che vuole denudare la bellezza.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Il libro si apre con un furto e una giustificazione:
il ragazzotto milanese che ruba <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tre
monete d’oro</i> e la descrizione di una passione della giovinezza, che è come
un bicchiere d’acqua fresca sotto la calura: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Eravamo sorridenti, giovanissimi, con la coscienza tersa come un cielo
d’estate sempre blu. Chi ha avuto questo mucchietto di cose tutte insieme sa di
cosa parlo, quando dico che eravamo felici</i>”, felici come i titani, perché “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Anche Prometeo era un ladro</i>”. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Quindi, Farina sfodera una vera pubertà della
parola, una scrittura di entusiasmi, che si posa sulla pelle come lenzuola
fresche alla controra. L’incontro con Bruno Brancher che “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">trottava colorato e smuoveva l’aria all’intorno</i>”: sembrava “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">traboccare vitalità?</i>”, si chiede il
giovane Farina, e a quell’incontro sembra d’esserci stati. <br />
Di Bruno viene fuori un ritratto strabiliante di “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">un monello pescato con le mani nella marmellata</i>”, ma anche di un
uomo dalla sofferenza indicibile: Bruno la vita se l’era ingoiata con tutte le
sue spine, con tutti i suoi macigni e le sue disperazioni. Con ostinazione e
testardo attaccamento.<br />
Il carcere diventa per questo ladro balbuziente il luogo della trasformazione: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">In carcere ti tolgono la libertà e ti danno
la noia. Una noia mortale, disperata. […] Fu allora che imparai a scrivere,
intendo dire a mettere a posto le sillabe per poi formare le parole e in
seguito un pensiero, e poi incominciai a leggere, leggevo di tutto, dai fumetti
a Tolstoj, quando non capivo qualche cosa, andavo a farmela spiegare da un
laureato, ce ne sono tanti in carcere</i>”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">La casa di Bruno era per Roberto un’alcova di
misteri, che sapeva di <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">legno vecchio e tabacco</i>” e nel cortile c’era
un pesco a coronare la strana aura del luogo: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Quel pesco non scavalcava l’inverno, lo attraversava fiorendo</i>”,
esattamente come Bruno. <br />
Via dei Cinquecento “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">brulicava di vita</i>”
ed è occasione di vedere la signora che salvava i fiori, Pilù, il vecchio che
cantava la canzonetta del Balilla o l’Internazionale, i due del piano di sopra
che fanno l’amore. Bruno osserva; Roberto lo asseconda e poi fantastica. Fanno
un patto d’amore e il loro giuramento si inorgoglisce di Barbera, una manciata
di noci e grana a cubetti. <br />
A questo punto si è completamente sedotti: dalla vitalità di Brancher e dalla
vitalità della parola di Farina, connubio senza fine bello. E a quella domanda-<i style="mso-bidi-font-style: normal;">traboccare vitalità?</i>- la risposta è
affermativa.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Quasi a metà
racconto, eccoci a “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">L’orrendo misfatto</i>”:
un delitto d’amore raccontato con amore. Siamo a pagina 42 e si prova un misto
di commozione, rabbia, rispetto, dolore, ma soprattutto si ricambia amore. Per
il candore di un uomo che afferma: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sono
solo innamorato di Patrizia, che tiene solo trentadue anni meno di me</i>”. “L’orrendo
misfatto” gli costa un’atroce galera, divenuta educazione di sé a resistere: si
sentiva braccato e cercava la solitudine, fino alla decisione di “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">non piangere più</i>”; allora, durante la
rivolta di Capodanno a San Vittore, Bruno con le Confessioni di Sant’Agostino
in mano, pensa a Patrizia. <br />
Poi le poesie di Ricky, il rapporto con Paz; l’offesa del Botolo, il furto
delle poesie “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">del suo amato François Villon
(che lui pronunciava con tre “L” ben scandite)</i>”. Le amnesie, il cuore in
mille pezzi, i ricordi d’infanzia, l’estate in Salento, Marcinelle. Milano, la
Milano di Bruno, della sua Alda, di Ricky, di Roberto. Un finale che lascia senza
fiato. <br />
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Cin, cin, Bruno! Scrivi, scrivi! Se
Euridice è perduta, ci rimane il canto di Orfeo. Il poeta strappa il terreno
alla morte. Il resto è grammatica! Salute, salute! Cin cin!</i>”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Per pagine così, ci si può vendere l’anima: Farina è
come la luce del tramonto che sbatte sul marmo bianco di una scultura; non se
ne può parlare. La si deve vivere. Farina è Prometeo. La sua scrittura è il
fuoco. E il lettore è “un uomo che mangia pane” investito dalla grazia. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Io
per Bruno Brancher non ho mai pagato</span></i><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"> è fecondo seme di
giovinezza in un mondo che, ahimè, è ridotto a un pavimento di scadentissima graniglia
graffiato da scarponi chiodati. Però è come se Medea, la tradita, fosse ascesa
all’Olimpo e lo avesse trovato abitato da due divinità superstiti, immortali, libidinose,
eccelse. Due soltanto. <br />
E lei rinasce dopo lavacri sacri di poesia. Per stanare refusi. Per baciare in
fronte quella giovinezza.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Francesca Aurelio</span></div>
<br />Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-13485521074420870592019-11-11T04:41:00.001-08:002019-11-11T04:41:54.243-08:00FUOCHI, UN POEMA EPICO DEI TEMPI NOSTRI<br />
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 14.0pt; line-height: 115%;">(Le
Milieu, 2019)<o:p></o:p></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif";">A Chuck piaceva quando Edith era un po’ brilla.
Sfogliò il libro,<br />
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>una vecchia monografia di Van Gogh.<br />
“Annusa, Chuckie, su”.<br />
Chuck affondò il naso tra le pagine. Sentì un odore dolce, <br />
ma pungente. Gli ricordò il latte di mandorla.<br />
“Buono, vero? E’ l’odore di colla” disse Edith.<br />
R. Farina, <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Fuochi,</i> 2019<o:p></o:p></span></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Fuochi. Poi resta l’ardore. La vampa. Il rosso che
penetra negli occhi. E attraversa le viscere più profonde, dove Fuochi è
riconosciuto come materia affine. Dire di Fuochi significa fare appello ad un
vocabolario che non esiste, perché si tratta di parlare di intimità. Ogni
scintilla di Fuochi è un secreto di esistenza della quale ci si innamora; ogni
ritratto che, tra queste pagine, prende vita è un monumento al miracolo umano.
Non c’è nulla di carattere morale, non c’è nulla che abbia a che fare con
qualsivoglia metro di giudizio. In questo libro ha preso dimora il profumo del
guizzo umano, il fango creaturale che respira: la penna è una bacchetta magica
e gioca con lo scintillare della storia, quella rimasta più in ombra, quella
storia che è stata determinante e che si copre del velluto morbidissimo della
dimenticanza.<br />
Roberto Farina esercita sul lettore la fascinazione dei grandi classici ed è,
nello stesso tempo, la novità, l’inaspettato, lo stupore.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmcjWgWof4bbiicesp-DRBK9HZGRfPSW5baSuIcw4hF-bJIBXISTIsjhV8QCxDZTO2Y4bNgxZKgEZ1Gbb_UR1TLYqse067Wc8GtdRhz0BFCPdcZW9AlglB7DMsNi5DaTDS-FGiIHHqjok/s1600/Roberto+fUOCHI.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="720" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmcjWgWof4bbiicesp-DRBK9HZGRfPSW5baSuIcw4hF-bJIBXISTIsjhV8QCxDZTO2Y4bNgxZKgEZ1Gbb_UR1TLYqse067Wc8GtdRhz0BFCPdcZW9AlglB7DMsNi5DaTDS-FGiIHHqjok/s320/Roberto+fUOCHI.jpg" width="240" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">
Fuochi si apre con i brividi di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il Milite ignoto</i></b>: l’orrore della
guerra, che serpeggia nella quotidianità degli uomini semplici; la morte dei
figli che si trasforma in una parata che sfila nella piazza. Restano le madri che
non ritrovano i propri figli e che dinanzi alle statue celebrative, con voce
spezzata dal dolore, esclamano: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Non
somiglia per nulla al mio Bimbo</i>”. Quindi la ballata del mostro: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Kaspar
Hauser</i></b>, l’«<i style="mso-bidi-font-style: normal;">enigma del proprio
tempo</i>», il punto di domanda della diversità che irrompe, si lascia mangiare
dai tarli della curiosità e del timore, che strugge e lascia un che di
amarissimo dentro: trattasi di un amaro che innamora. <br />
E’ la volta di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Robespierre</i></b>: “E chi mai se l’aspettava?”, viene da dirsi
dinanzi al genio del Terrore. Il suo “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">viso
secco, nervoso eppure glaciale</i>” si staglia dinanzi agli occhi del lettore
con prepotenza e, alla fine del racconto, restano nelle intercapedini, tra
capelli e neuroni, fiumi di sangue e mascelle distrutte.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Amatore
Sciesa</i></b> è un capolavoro: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Chi
resta ha il dovere di agire, ma senza dimenticare l’universale forza dell’umano
intelletto e della tenerezza</i>”. Basterebbe questo passo per restarne
incantati, come si resta incantati dinanzi ad un divano da riparare e alla
morte dietro le spalle, all’odore di cuoio della sua giubba bagnata unito al
profumo di lavanda di chi gli intima di parlare. E’ il racconto degli odori,
dei suoni, di una bellezza che è magica.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Janusz
Korczak</i></b>, lo “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">scultore di anime</i>”:
pagine struggenti, emozionanti. Pavel resta nel cuore come un bambino che il
lettore ha amato e perduto in prima persona; Henrik è un eroe. I capelli “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">vaporosi</i>” di Stefa, soltanto immaginati,
sono una fotografia meravigliosa, chiusa in un portagioie.<br />
E’ la volta di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Tommaso Campanella</i></b>: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Mi
basta leggere nel libro della natura, unica opera autografa di Dio</i>”. Pagine
ironiche, potentissime. La tenacia di Campanella viene fuori come un fiume
dirompente: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Amate</i>”. Il Campanella di
Farina convince più di tutte le pagine di Reale. Viva la sincerità!<br />
Egisto Rubini: un guru; a pagina 55 di Fuochi c’è un passo che rappacifica ogni
donna col suo proprio essere: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nel dire «rivoluzione»
gli uomini sembrava intendessero «vendetta»m le donne «futuro»”</i>. Dall’inizio
alla fine del racconto, il lettore spera in un libro firmato Farina su Egisto
Rubini. La fanciullezza di Egisto è un romanzo di formazione in piena regola,
la sua ardimentosa giovinezza è un paradigma per le generazioni. In poche
intense pagine, tutto l’onore dell’uomo, fino alla<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>morte gloriosa dell’eroe. Come Achille. La
bella morte. L’amore di libertà.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Camille
Claudel</i></b>: Camille è meravigliosa; Camille è l’inganno, il tranello teso
dal destino. E’ Medea che arriva a Corinto e beve tradimenti; è utero che ama,
è generosa follia. Camille è arte e la sua vita sembra una stazione della Via
Crucis. E’ “l’agnello condotto al macello”, ma è anche la giovinezza amorosissima.<br />
Un uomo-Roberto Farina-che traccia così bene i rivoli di sangue dell’anima di
una donna è una specie di prodigio. Qui ci si infervora di Camille e di Roberto.
Irresistibilmente. Segue l’incontenibile <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Etty Hillesum</i></b>: in lei trovano
sintesi la tenerezza e lo stupore dell’autore. E del lettore. Etty è la grazia.
Roberto l’ha resa un fiore. Immortale. <br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nicola
Sacco</i></b>: freddo lungo la schiena. Il vento, fuori, tira forte, come nei
giorni di tempesta invernale, ma lo stridore di denti non lo genera il vento.<br />
Nicola Sacco è un eroe epico, con la morte addosso sin dalla passeggiata con
Giuseppe alla grande quercia. Nonostante i “1700 volts”, la sua Idea penetra
sotto la pelle ora come allora, come sarà domani. “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Natura e buon senso</i>” e poi umanità elevata all’ennesima potenza:
nessun ritratto di Nicola Sacco, che tanto ho amato nella mia adolescenza
disubbidiente, è efficace come questo di Farina. E Dante, con le sue piantine,
resterà sempre il seme orgoglioso di Nicola e della sua Rosa: mi si perdonino
le mie romanticherie di ragazzina!<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Bartolomeo
Vanzetti</i></b>: indomito, coraggioso, leale. Amico e sodale. Compagno.
Sognatore. Il sogno, appunto, e la trofallassi sono due espedienti letterari
che rendono il Vanzetti di Farina indimenticabile.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Buster
Keaton</i></b>: finale da oscar. Dai sogni alla morte è un frullo d’ali. Nel
mezzo c’è un asse d’equilibrio sul quale danzare. Nel volto un guizzo di
malinconia e uno di incoscienza; un peso dentro gli occhi e il silenzio sulle
labbra. Un funambolo buffo e tremante. Avvolto di delirio: forse con Houdini,
quella sera, come per magia, se n’è partita l’infanzia di Buster e l’unica
eredità che quella gli ha lasciato è il sogno di brillare. Per sempre.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Jean
Vigo</i></b> è come un sacerdote. Ha attraversato l’esistenza con gli stessi
occhi di un indovino, che scrutano oltre le barricate della realtà. Oltre le
intemperie del destino. Oltre.<br />
Jean Vigo è il più poetico dei ritratti forse. L’incontro con Lydu è purissima
lirica. Lo scontro con i collegiali è poesia epica. La sua vita è la comparsa
che diventa chiave di volta dei suoi film. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><br />
Leggere Fuochi è un continuo arricchirsi. Sembra il caveau di Paperon de’
Paperoni; è acqua di fonte. E’ cinema.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Kathe
Kollwitz</i></b>: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">A me interessa la
bellezza del proletariato. La larghezza delle loro vite”; “Invecchierò, perderò
questo desiderio che sento: sensazioni, partecipazione e amore scompariranno.
Tu invece, ora, qui, tu fecondi la mia femminilità, tu mi doni completezza. Tu
mi rendi felice</i>”: ecco qui Roberto Farina che scrive intingendo nel sangue
mestruale la sua penna e rende Kathe un sigillo sull’anima. La sua voglia, la
sua femminilità, la sua maternità rotonda e disperata. La sua appartenenza. L’arte
come fuga dal male e forma di salvezza. Non ha salvato nessuno Kathe. Ma ha
salvato la donna.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Vincent
Van Gogh</i></b>: racconto onirico. E’ un fiore nella cui coppa zampilla ogni
sfumatura della vita, con tutte le sue stagioni.<br />
Il Vincent fariniano è un vinto che si brilla con uno splendore carnivoro. E’
bellissimo. E’ carnale. E’ mistero doloroso e gaudioso insieme.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Milena
Jesenska</i></b>, nell’immaginario collettivo, è la Milena delle lettere di
Kafka: questo racconto restituisce Milena a Milena e a tutti.<br />
E’ appassionata, erotica, straordinaria, bellissima, cinematografica. Milena è
come la sua pioggia. E’ come Praga, è come la morfina.<br />
Milena è fierezza e non dolore. E’ un ricamo sulla pelle che supera anche la
morte. Milena è l’intelligenza femminile. E’ il rifiuto dell’ingiustizia. E’ il
discernimento. E’ l’amore e il coraggio ed è il coraggio dell’amore.<br />
Il <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Guy
de Maupassant</i></b> firmato Roberto Farina è la resa dei conti. Rende
giustizia a Guy e, quasi, induce a perdonare la follia che invade l’anima e la
rende indifesa. “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il mare… è leale</i>”:
ciò che da dimensione al mondo è la poesia. Quella di Farina è prosa poetica, irrefrenabile,
sacra: Fuochi è il tabernacolo nel quale è custodito il santissimo sacramento
della Filantropia.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Giuseppe
Grandi</i></b>: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La rivolta è femmina</i>”;
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nunca des imperadur</i>”: il <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Nan</i> riempie di sbigottimento. Il leone,
l’aquila, ma soprattutto l’ostinazione di chi l’Arte la rispetta e ne fa
religione.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Jack
London</i></b>: invincibile amore per questo ritratto, per la libertà di un
uomo che ha riscattato la crudeltà delle madri con la generosità.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Fedor
Dostoevsckij</i></b>: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Che cosa vi
proponete di fare con la vostra opera, giovanotto?”<br />
“Mettere in romanzo l’anima, signora Panaev.”<br />
“Ma l’anima non esiste.”<br />
“In tal caso la inventerò io”. <br />
</i>Insopportabilmente meraviglioso.<br />
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">“Questo è vivere: essere uomini tra gli
uomini e restarlo sempre, in nessuna sventura avvilirsi o perdersi d’animo, ora
lo so una volta per tutte</i>”: riecheggia l’Homo sum di Terenzio ed è, da
sempre, questo il sogno dei santi e dei poeti. Il “mio” Fedor è e resterà
sempre quello di “Le notti bianche”, il “mio”indimenticabile compagno di
ventura di “Memorie del sottosuolo”. In questo racconto c’è forse il passaggio
più bello di Fuochi: l’indimenticabile ultimo capoverso di pagina 192.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Luis
Bunuel</i></b>, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Hey, non l’ammazzi più?</i>”: battuta sublime che rende tutto il senso
del racconto. L’amarezza, una decina di grammi di nostalgia, diversi etti di
sogni realizzati, di visioni divenute concretezza e nessun cenno mai alla
ragione. La ragione è fredda, Bunuel è una lama di ferro arroventata.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Harry
Miles</i></b>: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Non tutto è perduto</i>”.
<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dashiell
Hammett</i></b> “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">imparò subito a
considerare la solitudine come una manifestazione dell’età adulta</i>”; Dash
dai “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">capelli stupendi</i>”, come li
definisce Lillian Hellman: ecco, ancora una volta, il cuore di donna e le mani
di uomo di Roberto Farina.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Sante
Pollastro</i></b> e la sensualità irripetibile della giovinezza. E’ come se l’autore,
qui, non avesse mai varcato la soglia che porta oltre l’adolescenza dei sudori,
delle voglie, delle corse e degli spudoratissimi pudori. L’irruenza dei sensi
di un uomo leggendario che nessuno mai saprebbe immaginare. Dopo la sparatoria,
la fuga, e, dopo essere diventato una “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">spina
nel fianco del governo fascista</i>”, l’amore di Mariette, la desiderata: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La guardava in un modo strano, c’era
desiderio, ma anche rabbia</i>”.<br />
Il finale è amaro: la mitezza, dopo la rivoluzione. La rivoluzione era un
sogno. Solitario.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Giovanni
Pesce</i></b>: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La nostra libertà
consiste nel decidere che cosa fare di quello che la vita ha fatto di noi</i>”.
Il proprio credo, la via da vivere pienamente. Le scelte. Radicali. La
resistenza come seconda pelle. Il sacrificio vissuto come un sacerdozio. La
libertà-reale- come unica religione possibile: ecco Visone nel ritratto della
sua giovinezza gloriosa.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Blaise
Cendrars</i></b>: la verità che trabocca, la cenere in agguato. “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La solitudine che aveva il sapore di una
liberazione</i>”. L’arte. E ancora la vita.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Antonia
Pozzi</i></b>: un capolavoro. Una bufera di giovinezza, uno scirocco impetuoso
in piena primavera; niente che sia stato scritto su Antonia Pozzi (e tanta roba
ho letto!) è equiparabile a tale ritratto. Non c’è alcuna “invasione”: Roberto
Farina ha restituito alla vita ciò che della vita si era incrinato. Antonia
allora diventa un ricamo di “letizia”, un virgulto di “vitalità”, un inno di
gioia. Un abbraccio. Lei era e resta un bacio d’adolescenza mai vinta, una martire
dello stato di grazia della giovinezza e davanti a ciò “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">ogni amarezza svanì</i>”. <br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Paul
Gaugin</i></b> è l’urgenza di somigliare a se stessi. Di sentirsi al proprio
posto. Oltre. Al di là. Di ogni ostacolo della morale. “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Difendete la vostra libertà</i>” e, ancora, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">L’amore è una complicazione del piacere. Guardatevi dall’amore</i>”. Il
maestro Gaugin ha fatto scintillare Haiti della sua luce: “Gaugin è morto. Ora
non c’è più nessuno qui”.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">La
banda Bonnot</i></b>: il dialogo tra Renè e Dondon è meraviglioso. Il “duello”
finale degno di fragorosissimi applausi. Renè e Octave nella fossa comune
restano immortali.<br />
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Siamo scherzi di luce</i>”: l’intensità
vitale di <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Medardo Rosso</i></b> trascina. Sembra di averlo davanti ai propri occhi
mentre scherza con la luce di Maurice o spadella cantando da Carrà. E’ una
straordinaria icona della follia della natura. E’ un godurioso approccio all’essere.
Non v’è nulla di austero nell’arte. L’arte è l’anarchia della gioia. Le pagine
su Medardo Rosso sono una musica.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Claudia
Ruggerini</i></b> sapeva bene quanto le sarebbe costato scegliere la libertà.
La storia è entrata violentissimamente in casa sua e lei ha scelto d’essere
giusta.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Amilcare
Cipriani</i></b> è un poeta: la famiglia sacrificata alla rivoluzione, l’eroismo,
la paura. l’innamoramento? “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Figlio mio,
che cosa ne hai fatto della tua gioventù?</i>”.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Onorina
Brambilla</i></b>: la comunista, la partigiana. La ragazza del Pane Bianco,
amata da Visone, senza tregua. Nell’immaginario della lettrice è il paradigma
di un verbo irregolare: non si scorda mai.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Giancarlo
Bugetti</i></b> è l’uomo del fuoco, l’inossidabile Giancarlino. La tempra del
toscanaccio, l’altruista, il generoso, il consapevole: “L’uomo non sa gestire
il fuoco, non c’è niente da fare”.<br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Chuck
Wepner</i></b>: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ho capito che resistere
è un mestiere come un altro. Si impara</i>”. Con Chuckie la lettrice ha
intrapreso una storia d’amore. Perché Chuckie le ha spiegato perché leggere è
una forma di resistenza. E perché Chuckie ha trovato in Edith la sua
motivazione a resistere. Edith si porta sulla pelle la morte e da continuamente
respiro alla vita.<br />
“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Così le passioni del cielo precipitano
sulla terra</i>”: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Michael Collins</i></b>, l’uomo rimasto solo come Dio. Un uomo. Fuochi
si chiude con una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">bonus track</i> dedicata
a una ninfa marina: <b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Dita Parlo</i></b>, la paladina del no; la creatura-bellissima-del
coraggio.<br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Fuochi è tutto questo. Ma è soprattutto ciò che
lascia al lettore: è un’eredità. E’ un libro di storia, è un monumento al
futuro. E’ un’opera d’arte. Farina è scrittore raffinato, sopraffino. E’ una
penna miracolosa e rituale. E’ la rugiada sulla lingua riarsa. E’ la carezza
della seta in un campo minato. Fuochi ha un odore buono: sa di muschio e di
verbena e se ne sente un che di agrumato gioire come nota di coda. Ha una
consistenza assai particolare: è un oggetto sacro. E’ come uno scrigno. Ma
porta con sé, oltre alla sorpresa, anche il calore di uno scialle da indossare
dinanzi al mare. E’ un libro coraggioso: è il più coraggioso dei libri di
Farina, perché è un “libro rosso”. <br />
Fuochi è un alambicco: distilla libertà e te la fa bere fino a lasciare che ti
bruci. Fuochi è un libro rischiosissimo: se si ha il coraggio di lasciarsene infiammare,
poi è come se il proprio respiro diventasse incenso per libagioni divine. <br />
Le illustrazioni sono strabilianti. <br />
Fuochi mi ha insegnato la lentezza della lettura: i libri di Farina si
fagocitano, non prevedono pause. Fuochi invece va lasciato decantare. Va
gustato. Come si gusta novembre.<br /></span></div>
<div style="text-align: right;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">Francesca Aurelio</span></div>
<o:p></o:p><br />
<br />Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-25984557027967921112019-08-10T04:09:00.004-07:002019-08-10T04:10:09.169-07:00Altre letture estive<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">B. Schlink, Il lettore –Neri Pozza</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Storia toccante. Alcune pagine sfiorano la poesia,
tanto che ci si sente limitati nel dover leggere il romanzo in traduzione e
nasce il desiderio di conoscere il tedesco. Nasce come una storia di amore
proibito e inenarrabile tra il quindicenne Michael Berg e la più che trentenne
Hanna Schmitz: una passione travolgente che è anche un’educazione sentimentale
per entrambi. Michael fa i conti con la sua adolescenza, Hanna con le sue paure
e un suo terribile segreto. I momenti più struggenti sono quelli in cui, dopo l’amore,
Michael legge per Hanna. L’idillio si incrina però. Hanna sparisce. Michael
continua i suoi studi: per un seminario della facoltà di legge dovrà seguire un
processo a cinque ufficiali donne delle SS responsabili di una strage avvenuta
subito dopo la fuga da Auschwitz, in una chiesa. Il finale è una strozzatura: l’imperdonabile
Hanna è la prosopopea della disperazione, eppure Michael, in qualche modo,
continuerà a leggere per lei sempre. Hanna, infine, imparerà a… <br />
Da leggere e meditare. Lascia “Il lettore” innamorato e stordito. <br />
C’è un errore che lascia l’amaro in bocca: a pagina 79 è tradotto “Da quanDo
tempo abitava nell’appartamento”. Dio salvi la grammatica. </span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjt0K63rA2nz6UCH_CfnZEpXtWPIm7Yxatph94aOaInnLlulqbxDcnJxF5jbkX3L1EZxYMQoEeuGuAZmJ5epdXDysO5AjDvcd0rysFhUH_NlWejlk6zLk2HvFFuagRbxhYFUHGy6PLS_BE/s1600/WhatsApp+Image+2019-08-09+at+08.59.56+%25282%2529.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1396" data-original-width="720" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjt0K63rA2nz6UCH_CfnZEpXtWPIm7Yxatph94aOaInnLlulqbxDcnJxF5jbkX3L1EZxYMQoEeuGuAZmJ5epdXDysO5AjDvcd0rysFhUH_NlWejlk6zLk2HvFFuagRbxhYFUHGy6PLS_BE/s320/WhatsApp+Image+2019-08-09+at+08.59.56+%25282%2529.jpeg" width="165" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /><br /><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">R. Bespaloff, Sull’Iliade – Adelphi<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Lettura piacevolissima, che si apre con dolorose
pagine di raffronto tra Achille, “l’eroe della vendetta”, secondo la Bespaloff,
ed Ettore, “l’eroe della resistenza”. “I destini di Achille e di Ettore sono
accomunati nella lotta, nella morte e nell’immortalità”, sostiene la Bespaloff,
per la quale “teatro dell’ineluttabile è simultaneamente il cuore dell’uomo e
il Cosmo”. <br />
Delicatissime le pagine su Teti e Achille, entrambi, in diverso modo, figli del
mare. Achille allora è “come una pianta sul declivio di un vigneto”, che Teti
non ha potuto rendere immortale. E allora egli è l’eroe più umano di tutti, perché,
nel momento in cui Achille viene al mondo, la morte è dentro di lui, è la sua
più terribile e più fedele compagna di viaggio e con lui, “umano, troppo umano”,
non lo dimentichiamo mai, neanche per un attimo. Ha un solo folle amore,
Achille, sia pur tra tanti amori: è Patroclo, colui che moltiplica all’infinito
l’amore quanto la morte. <br />
Le pagine della Bespaloff fanno di Achille soprattutto l’eroe dell’impeto: “Achille
è il gioco della guerra, la gioia di saccheggiare città troppo ricche, la
voluttà dell’ira […], il clamore dei trionfi inutili, delle imprese folli.
Senza Achille, l’umanità vivrebbe in pace”. Non sono d’accordo. Achille è l’eroe
umano, preda dell’ira, preda dell’amore, trionfo della morte. Ad Achille io
perdono tutto, chè Achille ha pianto poesia e mi ha insegnato a vincere la
disperazione con il canto. <br />
Dinanzi all’immagine di Achille che si consola suonando la cetra gli si perdona
tutta l’ira, perché Agamennone il capriccioso ha mandato a morire gli Achei e
tra loro l’irresistibile Patroclo.<br />
Quindi la riflessione su Elena, sugli dei, su Troia, sulla guerra: “La guerra è
inseparabile dalla giovinezza dei corpi che seduce per poi annientare”.<br />
“Il pasto di Priamo e Achille” è un capitolo strepitoso: Achille è l’Uccisore “carico
di infanzia e di morte”, ma non dimentica mai, neanche per un attimo, Patroclo
e, quando restituisce il corpo di Ettore e prende il riscatto, che Priamo gli
offre, promette a Patroclo la sua parte, scusandosi per l’ira placata.<br />
L’ultima parte è dedicato al rapporto tra la Bibbia e l’Iliade, accomunate da “un
certo modo di dire la verità, di proclamare la giustizia, di cercare Dio, di
onorare l’uomo”. Lettura meritevole di attenzione e partecipazione. Scrittura
magnifica.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpqxkfMerakHhmCIcJ5GgNOafAkaeYde6fUgpUO2jla1Ry1F75ruinZfFCYSVgER4G0nYWLBf-MWxTR3Ht2PBnSgk-4-03hx_LoK9nFb-XqWPaSYrDJX1qa1dqYlCHyiEv6JaVJBpR-kE/s1600/WhatsApp+Image+2019-08-09+at+08.59.56.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="777" data-original-width="1600" height="155" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpqxkfMerakHhmCIcJ5GgNOafAkaeYde6fUgpUO2jla1Ry1F75ruinZfFCYSVgER4G0nYWLBf-MWxTR3Ht2PBnSgk-4-03hx_LoK9nFb-XqWPaSYrDJX1qa1dqYlCHyiEv6JaVJBpR-kE/s320/WhatsApp+Image+2019-08-09+at+08.59.56.jpeg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">M. Atwood, Il canto di Penelope – Ponte alle Grazie<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Scorrevole e semplice. Prosa limpida e
inappuntabile. Penelope resta Penelope, ma dei suoi sentimenti, a volte, ci si
dimentica: Il canto di Penelope è un memento di ciò che lei ha sentito e
vissuto, patito e tessuto, mai all’ombra dell’eroe, ma con lui e soprattutto
senza di lui, autonomamente.<br />
Penelope è figlia di Icario, re di Sparta, fratello di Tindaro, che era-neanche
a dirlo- il marito di Leda, dal cui grembo nacquero i Dioscuri, Clitemnestra ed
Elena.<br />
Penelope ed Elena, le cugine spartane, colei che aspetta e colei che fugge.
Penelope, che tutti, da bambina, chiamavano “Anatroccola”, ed Elena, la luce
della bellezza divina, in realtà, non tindaride, ma figlia di Zeus, che, in
forma di cigno, aveva fecondato Leda.<br />
Amore e delusione si impastano nella natura del rapporto di Penelope col figlio
Telemaco; amore e attesa in quello con Odisseo. <br />
Inadeguatezza nei confronti della nutrice, la vecchia Euriclea, che aveva allattato
ai suoi capezzoli Odisseo; opposizione da parte della suocera Anticlea: perché Penelope
arriva ad Itaca bambina e da bambina sempre sarà trattata. <br />
Gli intermezzi corali-il coro è formato dalle ancelle di Penelope- sono
gustosissimi, ironici, a volte esilaranti:<br />
Ma al mattino ci svegliamo,<br />
pronte ognuna al suo dovere;<br />
e le gonne solleviamo<br />
per quei cazzi di imbroglioni.<br />
Penelope ora è nell’Ade e può ripercorrere la sua vita senza remore né rimorsi:
è umana e, come l’acqua, ovunque penetra.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA9Qh-GkWYuuhgBKqSZahCBXcyoEEVqtKi4aQiocfD_uktTjrHPk1xhugqTVYT414dKpjg_0VjFKP3ZnT807TRTcAUht3wtk-3INJIkZb3HPt1pb8B2Qjt563PbufNLPWwgKjMzTNDxkI/s1600/WhatsApp+Image+2019-08-09+at+08.59.56+%25281%2529.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="777" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA9Qh-GkWYuuhgBKqSZahCBXcyoEEVqtKi4aQiocfD_uktTjrHPk1xhugqTVYT414dKpjg_0VjFKP3ZnT807TRTcAUht3wtk-3INJIkZb3HPt1pb8B2Qjt563PbufNLPWwgKjMzTNDxkI/s320/WhatsApp+Image+2019-08-09+at+08.59.56+%25281%2529.jpeg" width="155" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoListParagraph" style="mso-list: l0 level1 lfo1; text-indent: -18.0pt;">
<!--[if !supportLists]--><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><span style="mso-list: Ignore;"> A.<span style="font: 7.0pt "Times New Roman";"> </span></span></span><!--[endif]--><span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Camilleri,
Ora dimmi di te. Lettera a Matilda –Bompiani.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Si tratta di una lettera che il bisnonno Andrea
scrive a Matilda, che non ha compiuto ancora quattro anni. Andrea scrive “a
pochi giorni dal (suo) novantaduesimo compleanno” e spera che Matilda possa
leggere questa magnifica storia della sua famiglia, dell’Italia, del sogno
europeo “nel pieno della (sua) giovinezza”.<br />
Camilleri ripercorre la sua vita, racconta i suoi sogni, la sua ostinazione, il
suo adolescente fervore politico, i suoi insuccessi, ciò che è stato mera
fortuna, ciò che è stato conquistato con sacrificio. Ha parole d’amore pieno,
forte, maturo, totale per Rosetta e per la scrittura, che era gioco e sfogo,
divertissement e dono e poi è diventata più di cento romanzi.<br />
Magnifico l’addio, lento, dolcissimo, al padre.<br />
Non riesco a dire di più: il rischio è di sciuparne la bellezza.<br />
Va letto. E custodito dentro.<br />
Magnifico. Sublime. Semplice. Complesso.<br />
La lezione di un Maestro.<br />
Il testamento di un Padre.<br />
La fierezza di un Comunista.<br />
Per me, che sono solo un’insegnante, sarà, questa lettera, anche uno strumento
didattico importantissimo per la visione del Novecento che in essa abita.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3CXOqwzb_H9SLPjVLrFNNauz_38hhPdL4m2y-9dcUL5M95c1DHRx8_sTwW89UFRqU_5sCgSdogf2RV0EG25nPm3sUxniAAy8_5TaU8Lcgd4sJaXDSeFcc1qnbdWcH27CJZ9TpiZUvpDs/s1600/WhatsApp+Image+2019-08-10+at+12.58.44.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="777" data-original-width="1600" height="155" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3CXOqwzb_H9SLPjVLrFNNauz_38hhPdL4m2y-9dcUL5M95c1DHRx8_sTwW89UFRqU_5sCgSdogf2RV0EG25nPm3sUxniAAy8_5TaU8Lcgd4sJaXDSeFcc1qnbdWcH27CJZ9TpiZUvpDs/s320/WhatsApp+Image+2019-08-10+at+12.58.44.jpeg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">R. Vecchioni, La vita che si ama. Storie di felicità
– Einaudi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Il Professore non si smentisce mai. Ogni sua parola
è sensualità, come quando l’onda lascia la sua saliva sopra i fogli e poi, dopo
diverse stagioni, ne senti il profumo e ne cogli i segni lasciati lì… dal mare.<br />
“La vita che si ama” è un romanzo, è un’autobiografia, è poesia, è una serie di
ritratti indimenticabili. <br />
“La vita che si ama” è la conquista del tempo che non esiste, è la canzone del
kairòs. E’ l’amore e il suo senso: “una primavera di passi e sorrisi ignara di
trascinare i sensi e il cuore”. E’ il rifugio, il ritorno. La partenza. E’ la
scuola.<br />
E’ la Casa. La goffaggine. E’ i figli. Gli incontri. E’ la vita di un uomo e
delle sue letterature.<br />
E’ il gusto di un infinito interiore. Della storia lontana.<br />
Dei padri che giocano d’azzardo con il cuore e delle madri che non se ne vanno
mai.<br />
Vecchioni è un affabulatore impareggiabile. Un grande attore. Un profondo enigmatico
sciamano. Un ruffiano. E’ quello che mi fa pensare “Vorrei parlare come lui” e
poi mi accorgo che la mia Saffo è la sua stessa bellissima sacerdotessa.<br />
E questo la dice tutta. Proprio tutta.<br />
Consiglio questo libro a chi sa resistere. A chi poeticamente vive…<o:p></o:p></span></div>
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN4mY8lCZHbMPMOlMfH5K4XbDh0YEfcwV8N0vdby-4sMYo77fTV4pLhdYSsSprEEGKRWMTVWRIDHv071ci9cb9VGh39l8GjGv0CQUQB-rDqMv7MZo2fAWmKfBhCCFQI8Fn1P8U8uJNaEE/s1600/WhatsApp+Image+2019-08-09+at+08.59.55.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="777" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN4mY8lCZHbMPMOlMfH5K4XbDh0YEfcwV8N0vdby-4sMYo77fTV4pLhdYSsSprEEGKRWMTVWRIDHv071ci9cb9VGh39l8GjGv0CQUQB-rDqMv7MZo2fAWmKfBhCCFQI8Fn1P8U8uJNaEE/s320/WhatsApp+Image+2019-08-09+at+08.59.55.jpeg" width="155" /></a></div>
<br />
Francesca AurelioMedeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-57657525201649127192019-07-17T08:26:00.002-07:002019-07-17T08:26:29.485-07:00Leggere è amareL'idea di questo blog è nata una sera a Milano, in cui un mio amato amico mi istigò a parlare di mitologia, dopo che spendemmo una bellissima passeggiata da casa di Riccardo al ristorante, durante la quale gli raccontai di Medea, Didone e Circe. Piero è sempre convincente. Così... iniziai. Un blog però richiede costanza... e io non sono costante. Richiede ordine... e io non sono ordinata. Perciò, di tanto in tanto, tra una password persa e un'altra ritrovata, le recensioni che, generalmente, scrivo sotto la copertina dei miei libri, la riporto qui... quando mi va, quando sento che qualche consiglio di lettura non guasti, quando spero che qualcuno si innamori di libri che per me sono indimenticabili. Oggi è morto Andrea Camilleri, non è certo una buona occasione per dire che uno degli ultimi suoi libri che ho letto è Conversazione su Tiresia, edito da Sellerio. Un piccolo gioiello scritto e interpretato dall'autore al Teatro Greco di Siracusa lo scorso anno. Una citazione vale come testamento perenne: "E così mi ritrovai cieco, indovino e in grado di vivere un tempo praticamente infinito". Lo vivrà questo tempo infinito Camilleri, perchè ogni suo scritto, ogni sua parola, merita di appartenere all'eternità.<div>
<br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyzsJRbqQwrHcPqrXksiJYJq0KH2N9cQfSyaPX5ubrteOBipvEuB4Z3WnnZ-unImIVqVfRYvhGvLA53GS1E-fi-qHJD52afJt7IOJfUmWNszQEtjyruwJ6JKohe8w062rLprfZeSaEOC4/s1600/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.59.26.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="777" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgyzsJRbqQwrHcPqrXksiJYJq0KH2N9cQfSyaPX5ubrteOBipvEuB4Z3WnnZ-unImIVqVfRYvhGvLA53GS1E-fi-qHJD52afJt7IOJfUmWNszQEtjyruwJ6JKohe8w062rLprfZeSaEOC4/s320/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.59.26.jpeg" width="155" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Questo mese di luglio 2019 è per me veramente vacanza, nel senso più antico del termine: riposo, otium, "scholè", come direbbe Socrate e mai come quest'anno sento che la vacanza vacante è meritata. Ovviamente non potevo che affidarmi totalmente e completamente alla lettura: ovunque, tra letto e spiaggia, divano e panchina all'ombra delle fresche frasche e dunque ecco le mie letture di luglio:<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Matteo Nucci, L’abisso di Eros-Seduzione (Ponte alle Grazie)</div>
<div class="MsoNormal">
Un saggio, un romanzo, duecentocinquanta pagine di ricca,
ricchissima goduria. La penna di Nucci è strabiliante: leggere questo SCRITTORE
è come essere avvolti da ambrosia. L’abisso
di Eros è un viaggio attraverso la seduzione, gli aphrodisia, l’eros e l’Eros:
da Omero ad Esiodo, a Socrate e Platone; da Pericle, ad Aspasia, ad Alcibiade.
Da Saffo ad Anacreonte. Ma soprattutto da Elena a Menelao, a Paride; da Achille
e Patroclo, ad Ares e Afrodite; dalla vergogna al canto, dalla natura alla
dismisura, dal Vortice a Pan. Dall’amore, alla disperazione, alla bellezza. La
BELLEZZA della quale nutrirsi. Sempre. Accedendo al suo regno conturbante, che
porta ad altezze sublimi: la Grecità, in ogni sua forma, verbo, luminosità.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCC-kAafNADme_uJo1tt74iODWrRAZB-60JuVmGIRuNpsMA4EXo6ycFpJUkPWtVVUjwyskIyu92t6HqkzW_Kagv7BkNQaTDPlaVkZX4VLga3afWjVZjYiz9LgeMcMch-SaV9AKdMJDRio/s1600/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.32.54.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="713" data-original-width="707" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCC-kAafNADme_uJo1tt74iODWrRAZB-60JuVmGIRuNpsMA4EXo6ycFpJUkPWtVVUjwyskIyu92t6HqkzW_Kagv7BkNQaTDPlaVkZX4VLga3afWjVZjYiz9LgeMcMch-SaV9AKdMJDRio/s320/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.32.54.jpeg" width="317" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Matteo Nucci, Le lacrime degli eroi.<br />
Uno dei libri più belli letti negli ultimi dieci anni. Un inno alla fragilità,
che non è debolezza, ma vis creaturale; un ritorno alla radice, un riconoscersi
veri, di carne, sangue e lacrime: chè poi le lacrime sono della stessa sostanza
della vita. AION: parola d’ordine, password per tutto ciò che di prodigioso
abita l’uomo. E l’uomo è albergo e alcova, ricettacolo e altare del dio dentro,
della brama, dell’ira, dell’arrendevolezza. Tra tutti spicca lui, Achille, il
figlio del mare. E ancora una volta si resta innamorati. Della materia, della
trama delle parole, di Nucci stesso, grande sacerdote che profetizza arcane
voglie e inenarrabili desideri.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUUgdPevzZIsQ9eV1UqyaUWttu5sQ8e3EtBl9TeQwNECUlsfna8G2I_aMvvX6OimNkKiPosVqFhKaE98ZGQeyGSrB0M72gx_r8uEDSALrRXfUcWwozuh6vgBeQvcins3wTPHi6-aoX6zU/s1600/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.44.16.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1367" data-original-width="769" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUUgdPevzZIsQ9eV1UqyaUWttu5sQ8e3EtBl9TeQwNECUlsfna8G2I_aMvvX6OimNkKiPosVqFhKaE98ZGQeyGSrB0M72gx_r8uEDSALrRXfUcWwozuh6vgBeQvcins3wTPHi6-aoX6zU/s320/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.44.16.jpeg" width="180" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Madeline Miller, Circe.</div>
<div class="MsoNormal">
Circe, la figlia del Sole; Circe, la ribelle; Circe, la
strana. Circe, la dea. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Non è bellissima, come le altre dee, una più straordinaria
dell’altra. La sorella Pasifae la maltratta, i capelli cisposi di Circe fanno
innervosire la dea Bianca, che non le risparmia insulti e risate sarcastiche e
pungenti; i modi selvatici di Circe fanno ridere anche il fratello Perse, che
invece ama profondamente e segretamente Pasifae. Tra i titani giunge voce che
Prometeo è stato punito da Zeus, che si è autoaccusato, che non ha voluto, pur
avendo potuto, nascondere di aver consegnato il fuoco agli uomini. Circe è
attratta dal titano e si avvicina a lui, ne vede il sangue sacro sparso sul
pavimento dorato, ne sente il dolore, lo osserva, curiosa, e non rivela a
nessuno, se non al fratello Eeta di aver sentito il bisogno di portargli
conforto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Circe, la selvatica; Circe, la domatrice; Circe, la folle.
Circe, la maga. I suoi intrugli, i suoi misteri, le sue trasformazioni, i suoi
amori: Glauco, il pescatore, trasformato in un essere immortale; Glauco,
l’immortale traditore, che a Circe, ben presto, preferisce Scilla. E Scilla non
ama, Scilla ama piacere, ama essere lusingata: Scilla fa perdere la testa a
Glauco e Circe impazzisce di gelosia. Con la linfa dei fiori germogliati dal
sangue di Crono e che hanno il potere di trasformare chiunque in chi è davvero,
Circe trasforma Scilla in un terribile mostro. Questa metamorfosi le costerà
l’esilio nell’isola di Eea. La sua compagna fedele è una leonessa, i visitatori
li trasforma in porci; si arrampica a piedi nudi sulle alture di Eea, scopre le
proprietà delle piante, doma gli animali più feroci. L’esilio è per l’eternità,
ma giunge Hermes e Circe deve correre a Creta, dove la sorella Pasifae, sposa
del re Minosse, sta per partorire. A Creta vive anche Dedalo, dal quale la dea
resta affascinata. Pasifae ha bisogno degli incantesimi di Circe, perché sta
dando alla luce un mostro, il Minotauro.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
A Creta è anche la giovane Arianna.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Finchè giunge sulle rive dell’isola una nave: è quella di
Odisseo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
L’eroe le lascerà in grembo Telegono, “colui che è nato
lontano”, ma ripartirà alla volta di Itaca. La gravidanza della dea Circe è una
lotta, la nascita del bambino una guerra.<br />
Un finale strepitoso. La Miller di La canzone di Achille non si tradisce in
Circe. Romanzo spettacolare. Cinematografico. Piacevolissimo. Viene voglia di
essere vento per passare attraverso i capelli scarmigliati di Circe e sentire
il profumo di sangue e magia che ella emana, per farsene sedurre, per
lasciarsene incantare.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg28mYDp53eezeDlXha8jraQVBCI9hldtJfmCYlM2QIWw4PztyAGzh4FAfzKqN_JuVhsv-CZAsXrYq1k5LugQ2TqZuuYb3Fjoj6K1loMWT1qznZ4qCJIyZlC1wWgQIhSC11LbwQgdlWxOY/s1600/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.32.55.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="698" data-original-width="708" height="315" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg28mYDp53eezeDlXha8jraQVBCI9hldtJfmCYlM2QIWw4PztyAGzh4FAfzKqN_JuVhsv-CZAsXrYq1k5LugQ2TqZuuYb3Fjoj6K1loMWT1qznZ4qCJIyZlC1wWgQIhSC11LbwQgdlWxOY/s320/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.32.55.jpeg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
Marco Missiroli, Fedeltà.</div>
<div class="MsoNormal">
Una magnifica sorpresa, un bel romanzo. Letto in un
pomeriggio. Una storia di anime che si mettono alla prova. Amori concreti,
amori nati, amori abortiti. Tenerezze; fiducia. Resistenza. Uno spaccato di
esistenza, in una Milano che si fa poesia. Un uomo a metà, una donna di
profonde solitudini, sia pur ballerine. Un ragazzo bellissimo e cupo, una
ragazza che strega Carlo di una stregoneria sensuale e tenera insieme. Avevo
letto di Missiroli Atti osceni in luogo privato, ma Fedeltà mi ha stupita. Ottima
penna. Moderna. Meno male che non ha vinto lo Strega: così questo romanzo si
farà da sé, chè si farà.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiQUFgB7rHlYcxMx42ygFjgUt3wO_nwe6I5W_NPoLVIKYWiNzmFBaN64M3T_MH-OJsC7jf9IyxXn0HvjavdLP-4pR1fb_eqQ9Pbx10HvZIWQBBc51YtakqBRmjeWh4L81IZtMYJPxeiRA/s1600/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.39.18.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="777" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiiQUFgB7rHlYcxMx42ygFjgUt3wO_nwe6I5W_NPoLVIKYWiNzmFBaN64M3T_MH-OJsC7jf9IyxXn0HvjavdLP-4pR1fb_eqQ9Pbx10HvZIWQBBc51YtakqBRmjeWh4L81IZtMYJPxeiRA/s320/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.39.18.jpeg" width="155" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
<br />
Valeria Perrella, Almarina.<br />
<br />
Un successo forse per molti. Io non ne sono uscita entusiasta. Un romanzo
breve. Storia intensa. Scrittura che ho apprezzato in alcune parti, in altre ho
trovato luoghi stucchevoli e affatto necessari. E’ come se il romanzo mi si
fosse rivelato diviso in due parti: la prima parte più lenta, la seconda
interessante, indaga l’anima della Professoressa Maiorano che si specchia in
Almarina e, inadeguatezza e timore nonostante, diventano insieme bellissime. La
cesura è a pag.60, più o meno. Punteggiatura per me incoerente.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheMDokXevojvdiPX_USQxVLHx9P_5pFWhnpXyxQgPbNs58we1XpOqAWWRUclrzMPyF0Vw6FHKuEBTdRSnJ0NrxIxb612Vin0AmQYcP68zbvlLsk3iA2fx95_CA3hVRzM_psCd2q5MUS0s/s1600/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.40.00.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1199" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheMDokXevojvdiPX_USQxVLHx9P_5pFWhnpXyxQgPbNs58we1XpOqAWWRUclrzMPyF0Vw6FHKuEBTdRSnJ0NrxIxb612Vin0AmQYcP68zbvlLsk3iA2fx95_CA3hVRzM_psCd2q5MUS0s/s320/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.40.00.jpeg" width="239" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Cristina Dell’Acqua, Una SPA per l’anima.</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
</div>
<div class="MsoNormal">
Raramente mi è capitato di non terminare una lettura. In
questo caso, proprio non ci sono riuscita. Scontato, noioso, di maniera. 17
euro spesi malissimo. Assolutamente illeggibile per me. Si presenta fin da
subito lentissimo. A pagina 47, dopo il terzo capitolo, il cui titolo è
oltremodo attraente “La formula della giovinezza di Sofocle. Emone o la
saggezza di un figlio”, ho sentito dentro una specie di strana repulsione e ho
mollato. Magari lo riprenderò in un momento in cui soffrirò meno il caldo.
Chissà. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinId0NBGgrzIGh25hrpHAd974xA7kT1KytVnua0J6CZHmo58GUhvqGW5-EmnzToUYWpdX9_zprk93MntpphhZxmacVUeoU-tUrH6Ub0l2pz-9_oOxFWZfLXXO9GH9pIrkJG5OMb_Bh0RU/s1600/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.40.39.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1299" data-original-width="927" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinId0NBGgrzIGh25hrpHAd974xA7kT1KytVnua0J6CZHmo58GUhvqGW5-EmnzToUYWpdX9_zprk93MntpphhZxmacVUeoU-tUrH6Ub0l2pz-9_oOxFWZfLXXO9GH9pIrkJG5OMb_Bh0RU/s320/WhatsApp+Image+2019-07-17+at+16.40.39.jpeg" width="228" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
</div>
Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-16030948135322948482018-11-14T07:35:00.002-08:002018-11-14T07:35:33.440-08:00Il regalo di Nicola nel giorno del SUO compleanno.<br />
<div class="MsoNormal">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">La musica di Nicola Gelo è un raggio di luce in
novembre: penetra dalle persiane chiuse di un io sdrucito e scalda mani fredde.
E dimenticanze. E’ un trionfo di pace che viene a rannicchiarsi nel cuore, un
tepore inaspettato, una levità di fanciullesca natura. E’ una vaghezza che
avvolge, come il velo di una vergine che danza su pozzanghere profonde con le
sue scarpine di raso.</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">E, nella Vallée du silence di Nicola Gelo, le voci delle stagioni, degli astri,
dei vivi, dei morti, degli sciamani e degli dei si intersecano in un turbine
dorato che innalza e redime, che vince il dolore e fa del fango creaturale
materia di un’armonia in cui l’universo tutto si compiace. La musica di Nicola
è intimità, è sympatheia, è “secreto” interiore, è liquido amniotico ove la salvezza
è possibile. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">La musica di Nicola è esercizio di gentilezza, è quintessenza di generosità. Pioggia
che purifica e ingravida deserti aridi. E’ carezza. E’docilità. E’ la
ninnananna a Persefone che scopre l’amore. Rasserena il turbamento dell’adolescenza
folle sui cui petali sono appena passati polpastrelli sinuosi. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">Le corde dei suoi pianoforti sono percosse dai martelletti della sua dismisura
di poeta: è la giostra del divenire che diventa sintesi di un ordine supremo,
archetipico. Feroce, dolcissimo. Abissale, come il volto supremo di Ade quando
il sole rinnova le ore. E il mare diventa “del colore del vino”. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHhyalO6Mr4LkysEHZqF_l3TypcdpaKJmYyOlkPDihA3GcTqe0dWK4juQFbO36A0CqVq1A0o-p1n5CAsrbAiU55rtUfEOeDJNCqp4fhg1NyAkB5RUnCFEMqG9DBE0anqkORhmc02rVjTI/s1600/Gelo.jpeg" imageanchor="1" style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt; margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1489" data-original-width="1600" height="297" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHhyalO6Mr4LkysEHZqF_l3TypcdpaKJmYyOlkPDihA3GcTqe0dWK4juQFbO36A0CqVq1A0o-p1n5CAsrbAiU55rtUfEOeDJNCqp4fhg1NyAkB5RUnCFEMqG9DBE0anqkORhmc02rVjTI/s320/Gelo.jpeg" width="320" /></a></div>
<a href="https://www.youtube.com/watch?v=cM5tBjK_jcU" target="_blank">Vallée du Silence</a><div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;"><br /></span></div>
<!--[if !supportLineBreakNewLine]--><br style="mso-special-character: line-break;" />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span><br />
<br />Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-22672667661495756042018-08-05T05:15:00.002-07:002018-08-05T05:30:45.346-07:00LETTURE DI LUGLIO<br />
<div class="MsoNormal">
G. R. Hocke, Magna Grecia. Escursioni letterarie attraverso
il Meridione greco d’Italia.<br />
(fbe edizioni; ed.originale 1960; ed.italiana 2010)</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfTqlYeCeWC2dZHU-VB-I_SWmhW6jl8uYf5l0OpAHbGVzPWqMW12fu1Q3RPKf3rDZ4iALXyJTHv2cqVKTy4vjUiNO4YECikVRg0U_4jsx-Z-QB6AHb-108SIkOudJlYj6yFEcOZJYjOrU/s1600/geXWwBv.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="583" data-original-width="971" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfTqlYeCeWC2dZHU-VB-I_SWmhW6jl8uYf5l0OpAHbGVzPWqMW12fu1Q3RPKf3rDZ4iALXyJTHv2cqVKTy4vjUiNO4YECikVRg0U_4jsx-Z-QB6AHb-108SIkOudJlYj6yFEcOZJYjOrU/s320/geXWwBv.jpeg" width="320" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
Un romanzo, che è anche un trattatello di storia e un diario di viaggio; la
prosa è scorrevole e lirica al tempo stesso: ad ogni periodo, ad ogni
capoverso, si sente la Magna Grecia che abbiamo nel sangue ribollire,
volteggiare, danzare e gioire dentro, per chiudersi poi in una nostalgia di
bellezza, in quel crepuscolo di magnificenza, destinato a divenire sempre di
più, ahinoi, una notte cupa.</div>
<div class="MsoNormal">
Il protagonista è Manfred, l’alter ego dell’autore,
antinazista della primissima ora, che attraversa Puglia, Lucania e Calabria in
un tripudio di stupore e in un carnevale di incontri che restano scolpiti nella
memoria, come se il lettore stesso fosse lì ad ascoltare il Conte C., mentre
parla di Sybaris, di quella “lussureggiante vegetazione”, in cui “il paesaggio
richiamava alla memoria più l’immagine di una foresta che quella di campi
coltivati”; o ancora Pietro, che accompagna Manfred a Crotone di “avorio e
azzurro”, ove i due mangiano “pane e nespole”.</div>
<div class="MsoNormal">
Il brano più struggente? quello affidato alle parole del
Conte C., che prima del commiato, stappa, nella sua villa, che domina dall’alto la Sybaris ritrovata, una “bottiglia di vino polverosa e priva di etichetta” e
dice: “Bisogna berlo accompagnandolo con torta di pistacchi e insalata fresca,
condita con rosmarino. Questo vino, che vi raccomando di cuore, si chiama Greco
di Gerace: il principe di tutti i vini di Calabria […]. Il Greco è un fuoco silente,
che mette allegria e stimola lo spirito. Ha la magia di predisporti l’anima
alla musica, spingendoti alla danza. E’ come se nella sua essenza fossero
diluite le melodie di Orfeo e ne prendessero il colore. Quando la fonte
dispensa frescura all’ombra della nostra pergola, esso brilla come se fosse
dotato di vita propria”. <br />
L’ultima escursione, prima del ritorno di Manfred in Germania, è a Paestum: “Sul
tempio di Poseidone l’oro si fondeva con il rosso vivo dei germogli di
melograno in una tonalità solo leggermente più scura del sole quando, in una
giornata di pioggia, esso bacia il mare poco prima di accomiatarsi”.</div>
<div class="MsoNormal">
Una lettura bellissima. Traduzione dal tedesco meravigliosa. C'è Pitagora, Cristo, le madonne, le vergini e le giovani sensuali e peccatrici di Calabria.</div>
<div class="MsoNormal">
C’è una pecca: refusi a dire basta, che urtano il sistema
nervoso e scatenano l’ira funesta (nella mia copia ho provveduto alla
correzione: la lascio in prestito volentieri, qualora qualcuno volesse
leggerlo). Il prezzo di copertina è 16 euro e li vale tutti, centesimo per centesimo: lo dico perchè qualcuno proprio stamattina mi ha fatto notare che i libri costano un patrimonio, ma appena si capisce che sono un bisogno primario, be', basta comprare una maglietta in meno, in fondo.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Colm Tóibín, La casa dei nomi<br />
(Einaudi, 2018)</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCP2y8BznzLWazqqkr482UsLx94vsQfeabRuDFUz0_fSM96qdD8-rSPurYSnWxxhEjjjnqvO5u2wJ9xRZMsU-IOanMjxaZiWiZbEm0n3fCTnZfftPiu3qVa3kS79tvGPBpyJTSmia1qiM/s1600/yC7aQMN.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="944" data-original-width="566" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCP2y8BznzLWazqqkr482UsLx94vsQfeabRuDFUz0_fSM96qdD8-rSPurYSnWxxhEjjjnqvO5u2wJ9xRZMsU-IOanMjxaZiWiZbEm0n3fCTnZfftPiu3qVa3kS79tvGPBpyJTSmia1qiM/s320/yC7aQMN.jpeg" width="191" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
“Ho dimestichezza con l’odore della morte. L’odore
nauseabondo e zuccherino che si diffondeva nel vento raggiungendo le stanze di
questo palazzo”: è Clitemnestra che parla; la Clitemnestra che nega l’esistenza
degli dei e che ha a che fare solo con la ferocia e con i suoi innumerevoli volti: lei li conosce tutti, ad uno ad uno. La casa dei nomi è una rilettura
dell’Orestea, con varianti moderne e violente. Tóibín fa di ogni personaggio un
monumento di scelleratezza e dolore: Clitemnestra parla in prima persona ed è
ferita, la sua sorte è un cane che latra nei silenzi delle notti a palazzo; ha sentito morire Ifigenia sull'ara di Artemide, rinchiusa in una tomba da viva, dove gli achei la
hanno murata, con una benda sulla bocca, per non farle pronunciare maledizioni. Oreste è stato rapito:
Egisto ha voluto così, con la complicità della madre, che non smette mai di
essere madre: ma di figli perduti. Perché Ifigenia è simbolo incontrovertibile
dell’obbligo della regalità; Oreste è la vera vittima sacrificale; Elettra è la
macchinatrice, il tabernacolo dell’odio.</div>
<div class="MsoNormal">
Ifigenia resterà vergine per sempre; Oreste è la solitudine;
Elettra è implacabile. Di Clitemnestra cosa rimane dunque? Un’ombra che ricorda
l’amore, ma non i nomi di chi ha amato. </div>
<div class="MsoNormal">
Nella Casa dei nomi, infine, qualcuno sta nascendo; ma non è
ancora nato. E resta sospeso tra utero e dolore. Per sempre. Si dice che sia femmina, ma non se ne ha la certezza.</div>
<div class="MsoNormal">
La prosa di Tóibín si conferma ipnotica, serrata. Non ti
lascia in pace, mai. E poi ti lascia intravedere un bagliore, che resta
domanda.</div>
<div class="MsoNormal">
Assolve, in qualche modo, Clitemnestra. E il lettore, con
lui, stavolta non perdona Elettra; proprio non la perdona.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Sylvian Tesson, Un’estate con Omero.<br />
(Rizzoli, 2018)</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZ2dEVqAZ7-x8hzy9L__MJhy8pNX6Wq8OWYnRh8mn0u-NTEK03qwmrF3ctim_V-K1RklUB5OwBHx9_oy9TFV_uZfmK8yFwr14ucaxXT7sK54RH6RnXFpRmraKHExqCos4PMxbzqpPmERA/s1600/8YZkeiU.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhZ2dEVqAZ7-x8hzy9L__MJhy8pNX6Wq8OWYnRh8mn0u-NTEK03qwmrF3ctim_V-K1RklUB5OwBHx9_oy9TFV_uZfmK8yFwr14ucaxXT7sK54RH6RnXFpRmraKHExqCos4PMxbzqpPmERA/s320/8YZkeiU.jpeg" width="192" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
“Mi sono immerso nell’Iliade e nell’Odissea come nelle acque
impetuose di una cascata. Ho respirato per mesi al ritmo dei versi omerici,
nelle mie orecchie ne risuonava la musica, battaglie e navi in procinto di levare
le ancore affollavano i miei sogni”: come affollano i sogni di chiunque ami il
greco antico, puro e sublime, di Omero. Tesson ha vissuto in una piccionaia a
Tinos, nell’Egeo e lì ha riletto per noi Omero: un saggio scorrevole ed
elegante; a volte di una semplicità disarmante, quasi incredibile. </div>
<div class="MsoNormal">
Si torna fanciulli a leggere questo Tesson: per un paio di
questi miei giorni d’estate sono tornata bambina, con mio padre seduto nella
piazzola davanti casa a leggere Bufalino e io, vestita di giallo, con la mia Odissea illustrata tra le mani.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Giuseppe Catozzella, E tu splendi.<br />
(Feltrinelli, 2018)</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3rRA1PrHvVy6xJSJ8EQ48qORzEe0jhsBEoGaAh9U-FLUpIM-5ei0jd_qxlRaGycSJwSAs_MVOgfpe-XVTFY3I9s7osrFVtuSWNHTdO3-ZqHMY0GU7ITlQrxK0xvopJaDpNHvcYkti8g0/s1600/4G19CC9.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="944" data-original-width="566" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3rRA1PrHvVy6xJSJ8EQ48qORzEe0jhsBEoGaAh9U-FLUpIM-5ei0jd_qxlRaGycSJwSAs_MVOgfpe-XVTFY3I9s7osrFVtuSWNHTdO3-ZqHMY0GU7ITlQrxK0xvopJaDpNHvcYkti8g0/s320/4G19CC9.jpeg" width="191" /></a></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
Il Sud, la genuinità; la perdita; l’amaro sentirsi depositari di un’ingiustizia
atavica; la rabbia nei confronti di Dio; la fanciullezza; Pasolini, Carlo Levi,
un’eco di comune appartenenza e un piccolo eroe, Pietro. <br />
La cattiveria, della sorte e degli uomini; l’istinto di vita; la violenza, l’amicizia,
il perdono, l’emigrazione, gli immigrati. <br />
E’ un concentrato di Sud questo romanzo di un giovanissimo Catozzella: una
favola, di quelle che non hanno lieto fine, di quelle che però fanno vedere che
tutto ciò di cui abbiamo bisogno è di essere umani. Le differenze si annullano
e la diversità splende-sì, splende- solo quando l’appartenenza alla comune
radice di creature umane ci tiene stretti, come grani di un rosario, nelle mani
di una nonna.</div>
<div class="MsoNormal">
I personaggi di Catozzella innamorano: Pietro e Nina,
Nononna e Nononno; Zi Salvatò; Josh, Refè. <br />
Da leggere. Per riconoscersi. Per ritrovarsi. Per guardare i nostri calanchi
interiori e meravigliarsi.</div>
<div class="MsoNormal">
Due lacrime mi ha rubato questo romanzo, che sono perle: <br />
“Così, io in quinta elementare e Nina in terza, ci siamo ritrovati orfani, che
vuol dire che tua mamma invece di abitare fuori inizia ad abitarti dentro”; “La
paura è una bugia”.<br />
Per lettori grandi e piccoli.<br />
<br />
***<br />
<br />
Auguro a me stessa di innamorare tutti i miei
alunni della lettura: quest’anno che viene, magari, porteremo con noi uno
scampolo d’estate, leggendo tutti assieme di Pietro, Nina, Donatino e di
Arigliana, che poi è Albidona, Trebisacce, ma è pure Milanox, come dicono i
bambini del romanzo; è pane e pomodoro, vino buono; noci e zafferano; amore,
indifferenza, luna e fuochi. </div>
<br />Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-63225686674941101162018-06-01T00:59:00.000-07:002018-06-01T01:00:21.303-07:00“Non siamo botti vuote, ma campi di battaglia”: Fuochi, il nuovo libro di Roberto Farina edito da Le Milieu.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAeciIIwcFelT72jFKHVxGuOLXvryMpoHTR_TqGNJmn5wngGN47FcX9knn6au49p1ceHQcn4nKmtZGZZ9pg5wKWjLDD8wqV-sWEABffRCm7NvMHBDf8b2mbKxkz1iLdAVS7aGene2OJl4/s1600/Copertina+Fuochi.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1530" data-original-width="1224" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAeciIIwcFelT72jFKHVxGuOLXvryMpoHTR_TqGNJmn5wngGN47FcX9knn6au49p1ceHQcn4nKmtZGZZ9pg5wKWjLDD8wqV-sWEABffRCm7NvMHBDf8b2mbKxkz1iLdAVS7aGene2OJl4/s320/Copertina+Fuochi.jpeg" width="256" /></a></div>
<br />
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: large;">C’è uno scrittore che è un aedo: la sua prosa è come il
canto di Demodoco alla corte di Alcinoo, commuove e fa godere; i suoi racconti
sono come gli amori di Ares e Afrodite: incomparabili, di guerra e d’amore, di
mistero e di lava. </span></div>
<div class="MsoNormal">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Roberto Farina è un equilibrista che, dalla sua corda
sospesa a mezz’aria, guarda le mongolfiere compiere i loro virtuosismi nel
cielo e i loro Fuochi sono alimentati dall’attaccamento alla vita, dall’istinto
alla gioia, pur nella consapevolezza, che mai viene meno, neanche per un
istante, d’essere mortali.</span></div>
<span style="font-size: large; mso-spacerun: yes;"></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="mso-spacerun: yes;"><span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: large;"> E Farina, che pure non lesina la
brutalità della morte e non fa sconti alla coscienza feroce della precarietà d’esistere,
tesse un canto alla vita che sboccia, che ama, che trema, che rischia, alla
vita che esplode e che si reinventa, a chi si rigenera e non risorge (chè la resurrezione
sarebbe un’illusione tremenda), a chi non si arrende, a chi fa della generosità
il suo fiore sul petto, a chi deve andar via e a chi non è mai stato.</span></span></div>
<span style="font-size: large; mso-spacerun: yes;">
</span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Fuochi è un’edizione speciale: è un’ampolla che custodisce il
secretum; sono quattro racconti che, insieme, formano una corona di cellule
vive: ogni sillaba secerne un liquido emozionale, che nasce dalle stimmate dell’homo
humanus e diventa seme che feconda la terra, immane e vorticoso utero che,
accogliendo, rigenera in quell’anaciclosi inesorabile, unica consolazione,
unica centrifuga di speranza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Ogni racconto è un monito a bere tutto il calice della
propria esistenza: Giancarlo Bugetti gioca da sempre col fuoco e “la sommità
del (suo) cuore sembrava scucita”, si commuove facilmente, perché ha “il cuore
spezzato”; “Gianca” ha temuto sempre i “due morsi di lupo” e il lupo non lo ha
risparmiato: lui però spegne la luce per non vedere le sue ferite, almeno fino
a domani. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Etty Hillesum è la fanciulla dei
fiori, la ragazza “golosa”. Etty è amata da Klaas, ma poi fa la lotta sul
tappeto con il dottor Spier, si fa inseguire da un verso di Rilke e, ferma
davanti ad un lillà, guarda passare due SS tedesche a pochi metri da lei: “Come
possono coesistere tanta bellezza e atrocità?”, si chiede. Anche Etty viene
ferita a morte, come Gianca, e anche lei sa che “Siamo degli avamposti di
universo, disseminati in tutto il mondo”. E’ la volta di Idio, il milite
ignoto, il bambino generoso, il fanciullo che cura il dolore con l’erba
spargine, il giovane che va alla guerra e alla guerra Idio conosce la morte; la
madre lo chiama Bimbo e la trincea lo ingoia; di tanti giovani non restano che
monumenti al Milite ignoto e, nel giorno della festa e delle commemorazioni,
una madre “piccola e minuta”, guardando una statua in onore ai caduti, non può
che dire:”Non somiglia per nulla al mio Bimbo”.<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>L’ultimo racconto è dedicato a Kaspar Hauser: in lui si cela un mistero
mostruoso; lui non è oppure è e non può essere; lui è l’errore che conferma la
regola; Kaspar è l’enigma, Kaspar è un redivivo Edipo, una novella Gorgone: i
mostri non possono amare. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Fuochi ha quattro fiamme: una più rubescente dell’altra,
caldissime scintille di lava universale, lapilli di magma ancestrale. Roberto
Farina scrive con penna incandescente, a sangue caldo. Quando la passione si
infiamma, l’incendio travolge e non c’è contrario che possa annullarlo. Roberto
Farina ha spiato Efesto, mentre lavorava nelle sue fucine, ha scaldato il suo
cuore alle fiamme del dio e ha sognato quattro eroi che restano, come un
tatuaggio, sulla superficie dell’anima.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: large;">Degna di nota la copertina: un nome, un titolo e un dipinto –incandescente-
di Giandante X.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;">Francesca Aurelio</span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-91720918472381593942018-03-12T00:38:00.003-07:002018-03-12T00:38:57.122-07:00“Litri di mistura attraverso le budella”: La ballata del Pelé di Roberto Farina.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuMiabBiCQ8qcRZ-5j3KBDNd1WvvnthJJl1ZH51ELT2JOrPIv-HX8Z0CkSvCKFVPgLhRdRpzmPRnh2MsweyNVNI7aFi7UP1z6PrCkGzKG9SaUaQWF3t4cK79B6k1csGCXC8hhpcOxQQ6M/s1600/Copertina+Roby.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="768" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuMiabBiCQ8qcRZ-5j3KBDNd1WvvnthJJl1ZH51ELT2JOrPIv-HX8Z0CkSvCKFVPgLhRdRpzmPRnh2MsweyNVNI7aFi7UP1z6PrCkGzKG9SaUaQWF3t4cK79B6k1csGCXC8hhpcOxQQ6M/s320/Copertina+Roby.jpg" width="256" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Ogni volta che si apre
un libro di Roberto Farina, dopo i primi capoversi, si comincia a pensare di
avere a che fare con qualcosa che cambierà il proprio modo di vedere il mondo: è
ciò che accade quando si ha tra le mani un libro degno di essere letto, una
specie di “classico” post litteram, in cui gli eroi si chiamano Giandante X,
pittore (ma essenzialmente un colosso col volto spigoloso e gli occhi quasi
invisibili), <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nori Brambilla Pesce,
partigiana (ma essenzialmente un colosso dai capelli ad onde e con gli occhi
straordinariamente scintillanti), Flavio Costantini, pittore (ma un colosso di
eleganza e di cordiale, cordialissima anarchia); poi, ci sono le balene in
fiamme ed i fumetti… poi, c’è La ballata del Pelé, che è “una storia di
osteria, malavita e nostalgia”, uscito il 1° marzo (Milieu edizioni). <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">E’ una ballata corale:
la voce narrante è quella del Pelé, Giancarlo Peroncini, una specie di
funambolo, che, tra furti e musica, attraversa una Milano che affascina, che è
stata, che vibra nel ricordo e nella nostalgia, nelle lacrime e nei lutti,
nelle canzoni soprattutto, e che sembra poter essere ancora, nelle pagine di
questo libro che è un romanzo, una memoria storica, il diario di un’epoca non
troppo lontana.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">La ballata del Pelé è
un catalogo ricchissimo di esseri umani corposi e intensi che, tra i fumi del
vino e l’unto della carne, sfilano in una Milano irresistibilmente liquida per
le sue acque, che scorrono ctonie e si stagnano, a volte, nei navigli: una
Milano che sembra scorrere essa stessa come lava, nei ricordi di un uomo innamorato
che parla e di un uomo che si innamora, scrivendo. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Prima di tutto, di
questa ballata restano le donne: la storia della Rosetta, con l’articolo
determinativo femminile singolare davanti: La Rosetta, la fanciulla della
canzone popolare che Pelé ancora va cantando, accompagnandosi con il suo
tollofono, nelle notti di una Milano che non vuole lasciar andare: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">La storia della Rosetta era ben nota ai
milanesi, tutti ricordavano la figura di una prostituta di diciannove anni che
una notte d’agosto del 1914 era stata uccisa a colpi di calcio di pistola da un
questurino col quale si era rifiutata di andare</i>”. C’è La Tiziana, la moglie
del Gilberto: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Le piaceva essere
scollacciata, talvolta mostrava le cosce piene e pallide, accavallandole
pesantemente o andando avanti e indietro per la Briosca: questo non la faceva
sembrare molto virtuosa, ma era tutt’altro che sconveniente. Se lavorava di
ventaglio, con le labbra socchiuse, era irresistibile</i>”; a far da
contropartita c’era La Elda, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">una
brunetta piccola, dai modi garbati ma spicci: aveva un modo tutto suo di dire
le cose, era dura, ma accompagnava le parole, anche le più severe, con gesti di
gentilezza</i>”; c’è La Maria, che “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">si
butta nel Naviglio</i>”, salvata dagli avventori della Briosca, che mostra “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">due gocce tonde agli angoli degli occhi,
pronte a cadere, povera stella</i>”; c’è La Mariangela, con “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">gli occhi che sembravano verdi come l’erba
dei campi sotto la pioggia</i>”; c’è La Didi Martinaz: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Lei viveva liberamente le sue passioni</i>”, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">della sua bellezza se ne faceva un gran parlare. […] Lei lo sapeva,
portava sulle labbra il vago sorriso delle donne consapevoli del loro fascino</i>”.
Donne irrequiete, donne di traverso, donne disperate, donne che hanno saputo
vivere e morire. Con goliardica disperazione o disperata goliardia: poco
importa.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Poi ci sono gli uomini
della ballata: il signor Pippo, Nanni Svampa, il Pinza, Gildo Negri, partigiano
e comunista, c’è Bruno Brancher, lo scrittore malandrino, il Wanda, c’è Primo
Moroni, Dix, c’è Billy, c’è il Conte, che “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">lo
chiamavano così perché somigliava a Dracula, ma anche perché non usava il
dialetto, parlava come i signori insomma. Era alto, snello, aveva i capelli
neri. Aveva occhi scuri e brillanti come due olive, appoggiati su due occhiaie
che sembravano disegnate con il sughero abbrustolito</i>”: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Il Conte era uno di quegli uomini che si
tengono stretta la loro rabbia, perché gli tiene occupata l’anima, gli fa
compagnia</i>”; il Conte era un groviglio di magrezza e di passione, passione
per la Didi; il Conte è l’uomo dell’amore che mente, dell’addio, dell’infelicità
e del coraggio. C’è Erik, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">un ragazzo
magro dagli occhi chiari, sempre elegante. […] Aveva uno sguardo tagliente,
diffidente, ma gentile</i>”, una sera entra in Briosca in mutande, aveva fatto
un tuffo nel Naviglio: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Prendetela come
una lettera d’addio</i>”, aveva detto agli avventori suoi amici dell’osteria,
andava via da Milano, “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">la città è stata
sommersa dalla droga</i>” e lui, giovane pittore, doveva scegliere se andare
via o morire. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Quindi, ci sono i
luoghi della ballata: Milano, dolcissima, struggente e amara e lenta, le cui “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">facciate delle case avevano l’intonaco
giallo scrostato, sull’acqua verde scorrevano le chiatte cariche di sabbia
proveniente dalle cave. La sabbia era rosa. C’erano i panni di mezza Milano:
bianchi e colorati, stesi ad asciugare nei cortili o ammucchiati nelle ceste
delle lavandaie.[…] Le chiatte arrivavano, i tram sferragliavano, i treni
partivano e in mezzo c’erano ombrellai, lavandaie, musicanti<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e perdigiorno</i>”; il Naviglio e la Darsena,
la Briosca, lo zoo, le Tre fontane. C’era Bombe e c’era l’ippopotamo, c’erano i
fili di rame del telefono usati come corde per le chitarre e c’erano i monaci
dell’abbazia di Chiaravalle che facevano a cazzotti con i preti di piazza
Bologna. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">La ballata ha note di
malinconia, è la mancanza di un mondo dove c’era l’amore e la memoria, la
solidarietà e l’amicizia. C’era la passione e c’erano le stragi. C’era persino
il perdono. C’era la musica, che stordiva e che leniva, che faceva le sue
battaglie e non si vendeva mai; c’era la musica pura, quella che non conosceva
il vil denaro; c’era l’anima degli uomini. C’era l’umanità. C’era la
giovinezza, magra e densa. C’era un dialetto viscerale e c’era la violenza. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Nella ballata c’è l’anima
del Pelé, che sembra fare l’occhiolino a quella della poetessa, Alda Merini,
che, come lui, ha cantato Milano, ma ora la città è “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">una grassa signora piena di inutili orpelli</i>”<a href="https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=2770922397103046216#_ftn1" name="_ftnref1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-bidi-language: AR-SA; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> . Pelé
è in tutti i suoi ricordi. Pelé, al quale ora sua moglie Rosanna ricorda di
fare l’insulina, è l’aedo di un mondo che non è più, di un sogno vissuto tra
fiori e rovine, tra grappe, Negroni, il busto di Lenin sullo scaffale, il “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">bianchin sporco</i>” e l’odore di minestra.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Non resta che cantare per
un’altra emozione; rubare una zolletta di zucchero da tuffare nel caffè e
lasciare che una donna rimanga sveglia ad aspettare ancora un po’. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">La scrittura di Roberto
Farina è come il lievito madre, trascina l’anima in un impasto che ora
travolge, ora carezza, ora commuove, ora fa tremare. Roberto Farina è scrittore
di eleganza rara: carismatico, impetuoso. In ogni sua opera c’è un turgore
nuovo, simile a quello delle gemme che, a primavera, si approntano ad esplodere.
Raffinato e ingordo di Suburra; anarchico, come la libertà; sensuale, come un
tango lontano, che è vampa di sperma e di nostalgia. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La ballata del Pelé è la sintesi di un gusto
tutto “fariniano” per le cose belle: è impreziosito dalle illustrazioni di
Elfo, dalle fotografie dell’archivio personale di Pelé, dal ritratto del Pinza
di Erik Scheller, da saggi e interviste di chi c’era e da un cd registrato al
Ligera tra il novembre del 2017 e il gennaio del 2018. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Un romanzo, un saggio,
uno spaccato di storia contemporanea, appassionatamente vissuto, amorosamente
cantato. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Francesca Aurelio<o:p></o:p></span></div>
<div style="mso-element: footnote-list;">
<!--[if !supportFootnotes]--><br clear="all" />
<hr align="left" size="1" width="33%" />
<!--[endif]-->
<div id="ftn1" style="mso-element: footnote;">
<div class="MsoFootnoteText">
<a href="https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=2770922397103046216#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><span class="MsoFootnoteReference"><span style="mso-special-character: footnote;"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif"; font-size: 10.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span></span></a> Alda
Merini, Canto Milano, 2007</div>
</div>
</div>
<br />Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-16131290298057873652018-02-24T08:00:00.001-08:002018-02-24T10:27:47.372-08:00Lettura di Febbraio: Giuseppina Norcia, L'ultima notte di Achille (Castelvecchi, 2018)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPLCUvLLogTezRfk7-3aZ6QvoDkThpqzPYjTVK6Mug2tpJ6XAiGSrWjHEYf-N2NqQCbPP9XqVkwN7yCzXS8Bu0Z1AR0PAMrRJ8gluflYLievXe5NPbpoe3ccnehymyflchAWj_GgWLNJQ/s1600/IMG_7771.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPLCUvLLogTezRfk7-3aZ6QvoDkThpqzPYjTVK6Mug2tpJ6XAiGSrWjHEYf-N2NqQCbPP9XqVkwN7yCzXS8Bu0Z1AR0PAMrRJ8gluflYLievXe5NPbpoe3ccnehymyflchAWj_GgWLNJQ/s320/IMG_7771.JPG" width="320" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Ci sono libri che rivelano, che cambiano il nostro modo di
guardare fuori dalla finestra, che ci portano ad un dialogo interiore con noi
stessi, che consentono un percorso accidentato dell’anima e, proprio per questo,
colmo di fascino e di incantamento: uno di questi libri è certamente L’ultima
notte di Achille, di Giuseppina Norcia. L’autrice è siracusana: la sua “siracusanità” è in ogni
fibra del suo essere donna magnogreca, avvezza alla forza tanto quanto alla
bellezza, ha sulla pelle quel profumo che soltanto il sud emana e negli occhi
quella canicola siciliana che punge lo spirito e l’immaginazione. La stessa
“siracusanità” abita le sue parole: L’ultima notte di Achille è un romanzo
viscerale, è il racconto ancestrale dell’uomo che nasce e che nasce insieme
alla morte, non mostro, ma compagna di ventura.</div>
<div style="text-align: justify;">
Il “figlio del mare” è raccontato da una voce narrante d’eccezione: Thanatos,
Morte. L’ultima notte di Achille è l’occasione per Thanatos di ripercorrere,
parlando sommessamente all’orecchio del figlio di Teti, la vita di un eroe che
diventa, nelle pagine della Norcia, un Cristo <i>ante litteram</i>: egli si immola,
perché si compia il suo destino.</div>
<span style="mso-spacerun: yes;"></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="mso-spacerun: yes;"> Ad Achille, del resto, la morte vuol
bene da sempre: eppure questo indissolubile quanto inesorabile amore si esplicita
nella continua lotta contro la paura, una paura ambivalente, umanissima per
Achille e divina per sua madre: entrambi lottano contro un destino
ineluttabile. Entrambi sono figure titaniche: sanno, da sempre, quali scelte
bisogna fare e quali ne saranno le
incontrovertibili conseguenze.</span></div>
<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ il romanzo<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di una
metamorfosi dolorosa, di un divenire altro da sé che logora, di un mutare la
pelle che diventa estenuante. E allora l’amore per Deidamia, dopo la
metamorfosi di Sciro, rivela la realtà: Achille torna ad essere se stesso e
questo sarà un ulteriore passo verso la morte necessaria, che è la Verità che
egli si porta addosso. Quindi Patroclo: l’uomo della vita di Achille, l’amore
oltre i sensi, oltre i nervi, oltre ogni confine; quando si ritrovano, dopo il
soggiorno obbligato di Achille a Sciro, voluto da sua madre, per preservarlo
dalla guerra, l’eroe avrebbe voluto abbracciare il suo diletto, ma ha timore di
farlo: “<i style="mso-bidi-font-style: normal;">Avresti abbracciato il suo corpo
nudo, disperatamente, avresti voluto che il tuo amico ti tenesse stretto a sé
fino a farti male, ma provasti pudore per quel desiderio ancora indecifrabile,
temendo che lui potesse ritrarsi o respingerti</i>”.</div>
<div class="MsoNormal">
</div>
<div style="text-align: justify;">
Parte Achille, si reca a rimaner principe per sempre: lui
non sarà mai re, come Peleo o Priamo, che sono vegliardi, lontani, per gli anni
e per le distanze, da questo eroe che trabocca di umanissimo sentire: in Aulide
è furioso, non può comprendere il padre che immola sua figlia, tutto il suo
essere è nel sangue di Ifigenia, tutta la sua pietà è per Clitemnestra, che
tiene tra le braccia, come se fosse sua madre stessa, mentre la figlia muore.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ancora la morte. Sempre la morte. Gli abita accanto, mentre gli sta dentro, fin
da quando gli strappò un capello d’oro, mentre Teti lo immergeva, in fasce,
nelle acque dello Stige: ma l’antidoto al veleno della morte per Achille è
stato l’amore sempre, quell’amore che lo ha condotto poi alla sua stessa pira
infuocata. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La narrazione della Norcia raggiunge altezze epiche, tragiche, liriche e queste
ultime, forse, sono la nota dominante di tutta la sua scrittura: la prosa
poetica di Giusi Norcia regala pagine indimenticabili, passaggi che si
imprimono nell’anima e restano lì, come regali, come le lampare all’orizzonte
nelle notti senza luna, come sogni, come “unico fiore in mezzo alla tempesta”.
E’ il caso dei passi formidabili sull’amore per Patroclo: “<i>Prendesti allora le sue braccia e te le stringesti intorno, con forza,
e in quell’abbraccio sentisti per la prima volta di aver trovato casa. </i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"></i><br />
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><i>Ti inebriò il suo odore di rosa e di oliva, mentre sentivi i suoi capelli
scendere sciolti sul tuo collo. Il vostro respiro mutò, senza paure, senza
remore, nelle poche parole prima del silenzio, nelle carezze di Patroclo sulle
tue labbra, sul petto, sui tuoi fianchi duri, nella sua bocca che proseguiva
ciò che le mani avevano iniziato. </i></i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">
</i>
<div style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><i>Quell’ultima notte in Aulide dormiste in spiaggia sotto la prua di una nave
nera, aggrappati l’uno all’altro come naufraghi. Il soffio dei venti,
finalmente liberi, faceva fremere i vostri corpi caldi, sudati, sfiancati come
dopo una lotta. Il tempo era giunto, ormai</i>”. </i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">
</i><br />
<div style="text-align: justify;">
Dopo un altrettanto lirico intermezzo di Thanatos, gli eroi vanno alla guerra:
Achille esita ancora tra la vita e la gloria, ma il suo destino “è sempre stato
uno solo”; un’ultima trasformazione: Patroclo indossa le armi di Achille,
diventa l’altro Achille e va a morire, portandosi con lui l’amore, la vita di
quell’umanissimo figlio divino che piange e trema e compatisce; che si adira e
muore.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
</div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il romanzo di Giuseppina Norcia è come un lampo che illumina
a giorno le notti più cupe: è travolgente come certe pagine antiche, è
sapiente, salino; è come il vento che viene dal mare e porta l’odore della
salsedine, ti resta addosso; è come quel punto dove l’orizzonte si perde e
l’essere umano piange la sua terra lontana, sapendo che vi ha già fatto
ritorno. L’ultima notte di Achille è uno dei romanzi più belli che io abbia
letto negli ultimi tempi: avrei voluto durasse ancora a lungo, che mi
accompagnasse per altre notti ed altri sentieri ancora; le pagine sono finite,
ma le parole della Norcia restano. Impresse. Dentro. Con la sensualità del
verbo dei sacerdoti, degli indovini e dei poeti.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
Francesca Aurelio</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<br /></div>
<br />Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-23368314609138499502018-02-12T02:18:00.004-08:002018-02-12T02:18:38.041-08:00LIBRI DI GENNAIO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMFoj1RFEwVagx3U5ucNLxyS3GJFgerpWXHpFpeLd94cHjFz9mIfMsjKqap3l9ef9YEJIb90krc3yQikuJ_hTC2GGRpytMapPltsswEL1r5ulLJtN7ToFFCmsPn_-XXOhAraQFatnij2E/s1600/WhatsApp+Image+2018-02-12+at+10.55.55.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1180" data-original-width="1573" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMFoj1RFEwVagx3U5ucNLxyS3GJFgerpWXHpFpeLd94cHjFz9mIfMsjKqap3l9ef9YEJIb90krc3yQikuJ_hTC2GGRpytMapPltsswEL1r5ulLJtN7ToFFCmsPn_-XXOhAraQFatnij2E/s320/WhatsApp+Image+2018-02-12+at+10.55.55.jpeg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Mentre febbraio si appresta già a passare dalle
variopinte danze carnascialesche alla contrizione quaresimale e il clima sembra
piuttosto “marzeggiare”, passando da giornate di flessuosa primavera a venti
furiosi e pioggia greve, tiro le somme delle mie letture del primo mese dell’anno.
Con una mia amichetta di nove anni, Sofia, assai spesso amiamo raccontarci i
libri che andiamo leggendo: ieri ci siamo accorte che non lo facevamo da un po’
e così ho fatto mente locale sulle mie letture di gennaio e, tra una spulciata
e l’altra alla “solita” poesia serale, che è l’addio al giorno che passa e la
captatio benevolentiae che rivolgo agli dei per la notte che viene (del resto,
una sera all’Hotel Roma a Siracusa, Piera mi esortò a non addormentarmi mai
senza prima aver letto una poesia: da allora, anche se non riesco a dormire,
due versi, pure tre, me li concedo sempre), questo è stato il mese dei “libri
rossi”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;">Il mio incidentato 2018 l’ho aperto con Annie
Ernaux, Memoria di ragazza: è il racconto dell’estate del 1958 di A, è l’estate
delle scoperte, l’estate in cui la ragazza di paese, di una famiglia modesta,
va a lavorare in una colonia estiva e lì incontra (accoglie) e si scontra con
la realtà. L’adolescenza finisce, ma non si trasforma in età adulta. A si trova
in una sospensione che è tanto struggente quanto dolorosa e che diventa il
perno di tanta vita vissuta in un certo modo proprio perché A ha bevuto tutto
intero il calice di quell’estate del ’58. “Ci sono esseri che sono sommersi dalla
realtà degli altri, dal loro modo di parlare, accavallare le gambe, accendere
una sigaretta. Invischiati nella presenza degli altri. Un giorno, o piuttosto
una notte, sono trascinati nel desiderio e nella volontà di un unico Altro. Ciò
che credevano di essere scompare. Si dissolvono, e guardano il proprio riflesso
agire, obbedire, trascinati nel corso sconosciuto delle cose. Sono sempre in
ritardo sull’Altro, sulla sua volontà costantemente avanti di una mossa. Una
volontà che non raggiungono mai”: il libro inizia così e questa corsa a
perdifiato per raggiungere l’irraggiungibile affanna per tutto il racconto e
diventa una misterioso affanno verso la fine di un’epoca per A, che è l’epoca
di ogni donna. E’ un libro per femmine, che ogni maschio dovrebbe leggere: è un
romanzo su ciò che lascia chi va via con quella superficialità che è una botta
in pieno viso e un rasoio che graffia l’anima; è un romanzo pieno di quella
verità dalla quale non si guarisce quasi mai. E’ gonfio di timidezze e di “una
femminilità ostentata e intoccabile” che è cresciuta a pane e Secondo sesso di
Simone de Beauvoir : è colmo di quella necessità di ricostruirsi e di
rigenerarsi che solo chi sanguina, come la luna, ha il coraggio di portare a
compimento. Scrittura limpida, a tratti feroce, lirica a volte. A mi ha fatto
tenerezza e mi ha fatta arrabbiare. Poi non volevo lasciarla. Quando è così,
vuol dire che il libro merita d’essere letto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">Il 25 gennaio è uscito per Feltrinelli La Splendente
di Cesare Sinatti: l’autore è giovanissimo e scrive luminosamente. E’ un
romanzo sugli eroi di Omero, sulle figlie di Tindaro, sulla prole di Atreo. E’
un film, in realtà. L’ho trovato magnifico. Profondo conoscitore di Omero e
della tragedia, fantastico narratore. Ho iniziato a leggere questo libro con
qualche pregiudizio: mi aspettavo pagine un po’ noiose su argomenti triti e
ritriti per chi, come me, considera la letteratura greca la summa di tutto ciò
che è santo e bello e pieno di grazia; invece, è stato magnifico ricredermi. E’
una narrazione gustosa, leggera, profondissima; è indagine dentro; è scoperta;
è curiosità. E’ persino sfida: “Vediamo come l’ha raccontata questa!”, andavo
dicendomi.</span></div>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">“Coloro in cui la fiamma della vita ardeva con più forza si consumavano per
primi”: come non caderci dentro? e, allora, di Agamennone hai persino pietà;
Menelao ti intenerisce il cuore; Tersite lo prenderesti a sberle pure tu;
Patroclo resterà sempre il tuo più bell’amore; ti assolvi di amare tanto i
latrati di Clitemnestra e non provi più quel pizzico di invidia per quella
bellezza maledetta di Elena, che tanto ha fatto patire. Achille, be’, Achille
resta sempre lì, ha quel posto nel tuo cuore che occupa da sempre: Achille è la
tua fragilità, la tua paura; Achille canta sempre e tutte le note del suo cuore
resteranno per l’eternità tra il carapace della sua magnifica lira e il blu del
cielo di Grecia che ti percuote l’anima e, pure, l’accarezza. Sinatti scrive: “I
Greci sono eterni bambini”: sì. Lo sono. Perché in loro troveremo sempre quella
</span><b style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">δεινότης</b><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;"> irresistibile che tiene in bilico tra ciò che è tremendo e
la meraviglia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">L’epilogo di Sinatti è il vento di un pomeriggio d’estate che gonfia una tenda
d’organza, mentre nella penombra di una stanza rovente si consuma una
sensualità liquida…e profumata. </span></div>
<o:p></o:p></span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "Times New Roman","serif"; font-size: 13.0pt; line-height: 115%;"><o:p> </o:p></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 13pt;">Libro da 10 e lode: i classicisti che lo snobbano
sono invidiosi e non lo vogliono dire!</span></div>
Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-61668684570617975402016-06-24T03:45:00.003-07:002016-06-24T03:50:02.772-07:00La notte di San Giovanni o del Sol invictus<div style="background-color: white; color: #1d2129; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; line-height: 19.32px; margin-bottom: 6px;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="text_exposed_show" style="background-color: white; display: inline; line-height: 19.32px;">
<div style="color: #1d2129; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; color: #1d2129; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7ulXoX1JqaD89GO4jFD5nLQeXAv1UR_urJVBEOM_oqmVlN9zFqa6M-lrj20bYy10sbGjYXWIdOZXg57ZmdC2ByT4xNmyqHuyjRUN3L6sx7NLHOf-8PLmZWMOIYXKrwMMTwSYVu7PgBrk/s1600/IMG_5131.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7ulXoX1JqaD89GO4jFD5nLQeXAv1UR_urJVBEOM_oqmVlN9zFqa6M-lrj20bYy10sbGjYXWIdOZXg57ZmdC2ByT4xNmyqHuyjRUN3L6sx7NLHOf-8PLmZWMOIYXKrwMMTwSYVu7PgBrk/s320/IMG_5131.JPG" width="320" /></a></div>
<div style="color: #1d2129; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px;">
<br />
<div style="line-height: 19.32px; margin-bottom: 6px;">
<br /></div>
<div style="line-height: 19.32px; margin-bottom: 6px;">
<br /></div>
<div style="line-height: 19.32px; margin-bottom: 6px;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 19.32px;">La notte di san Giovanni è una danza. E' la celebrazione del Sole invictus, invincibile. E' notte di streghe e misteri. E' la notte della rugiada e delle felci che fioriscono per un attimo soltanto. E' la notte di chi vuole amare; di chi coglie lavanda per la purificazione e di chi accende fuochi per battere i piedi nudi sulla pancia della terra e sentirne i palpiti audaci. E' la notte delle femmine folli; delle maghe che si inghirlandano il cuore; è la notte dei campi di gra</span><span class="text_exposed_show" style="display: inline; font-family: inherit; line-height: 19.32px;">no che esplodono all'alba nei giochi di luce e del mare che lambisce la pietra e accoglie le fiumare. E' la notte dei lupi che leccano la fronte alle vergini e di Salomè che si pente del delitto di un tempo. </span></div>
<span class="text_exposed_show" style="display: inline; font-family: inherit;"><div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; line-height: 19.32px;">Vorrei avere le mani delle donne antiche, per la divinazione, per libare sulle tombe sacre e carezzare nel vento il volto di Dio. Per custodire le lucciole: che restino accese stanotte! Sono le anime di chi non trova ancora pace e vagano per cercare la strada.</span></div>
</span><br />
<div class="text_exposed_show" style="display: inline; line-height: 19.32px;">
<div style="font-family: inherit; margin-bottom: 6px; text-align: justify;">
Medea era figlia del sole, nei suoi talismani mesceva erbe e sangue infuocato: è da lei che si deve imparare; la maga herbaria stanotte renderà ancora immortali i suoi nati e intreccerà mirti ed incensi, con germogli bluastri di menta e profumato ginepro. E' sempre stata straniera, anche nella sua terra: Medea è di natura lontana; ora piange i suoi padri, cerca le strade maestre; trova acre sentore di morte e bucrani lungo il cammino: non c'è vigoria di fertili zolle. Eppure restano le parole d'amore. E le braccia che, un tempo, le cinsero i fianchi.</div>
<div style="font-family: inherit; margin-bottom: 6px; margin-top: 6px;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; line-height: 19.32px;">Un tuono, un tremare di cielo: le nonne raccontano che Erodiade e Salomè gridano, dannate, e le loro voci giungono dall'alto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; line-height: 19.32px;">"Mamma, perchè me lo chiedesti?"</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; line-height: 19.32px;">"Figlia, perchè l'hai fatto?"</span></div>
</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<br />
<br />
<br />
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; color: #1d2129; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjN7Mth_ODSZMRPH8Qz7wpm_EMpuD4pEkclOhh_Oez1-65E3qE2nhfWB4aqnUOWcu_F_W_-NcYqToj8pxIdzAhfu6M3eAWr7cFE-mSUDFhda4Xcw5Hauf9-8TtpWczlwuD3enWHd0GdstI/s1600/IMG_4966.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjN7Mth_ODSZMRPH8Qz7wpm_EMpuD4pEkclOhh_Oez1-65E3qE2nhfWB4aqnUOWcu_F_W_-NcYqToj8pxIdzAhfu6M3eAWr7cFE-mSUDFhda4Xcw5Hauf9-8TtpWczlwuD3enWHd0GdstI/s320/IMG_4966.JPG" width="320" /></a></div>
<div style="color: #1d2129; font-family: helvetica, arial, sans-serif; font-size: 14px; text-align: justify;">
<span style="font-family: inherit; line-height: 19.32px;"><br /></span></div>
</div>
Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-64885486959325097862016-01-10T06:28:00.000-08:002016-01-10T07:13:12.926-08:00Appendice a Clitennestra (O del mostro, della dannata, della dimenticanza).<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhg-QfrcU_SawihDdcjHladwL3sV_DcQyFhfBHLlSIZhpeMfrptpISZORxnkK2M3Rd7lfnzB3NGIfjcRscCaSvy2qR4C-DHcEH_XeS5KElewDpbG9bL85laDajoLwPybqe_g5KGFlJNQQM/s1600/Clytemnestra1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhg-QfrcU_SawihDdcjHladwL3sV_DcQyFhfBHLlSIZhpeMfrptpISZORxnkK2M3Rd7lfnzB3NGIfjcRscCaSvy2qR4C-DHcEH_XeS5KElewDpbG9bL85laDajoLwPybqe_g5KGFlJNQQM/s320/Clytemnestra1.jpg" width="190" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="color: red;">J. Collier, Dopo il delitto, 1882</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Tutto gli avevo dato e l’ho ripreso. </div>
<div class="MsoNormal">
Perché a volte le donne scelgono.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Non avevo scelto mai. Fui figlia </div>
<div class="MsoNormal">
emarginata della madre che partorì </div>
<div class="MsoNormal">
al Cigno l’Elena malfida. Che generò </div>
<div class="MsoNormal">
a Zeus i gemelli. Ho attraversato </div>
<div class="MsoNormal">
il bosco dei pioppi e la triste prateria</div>
<div class="MsoNormal">
degli asfodeli; sono giunta alla sinistra</div>
<div class="MsoNormal">
del palazzo di Ade: Persefone si agita</div>
<div class="MsoNormal">
nell’Erebo senza uscite e alla Fonte</div>
<div class="MsoNormal">
dell’Oblio mi accingo a dissetarmi.</div>
<div class="MsoNormal">
All’ombra del bianco cipresso</div>
<div class="MsoNormal">
attendo le ultime risposte: arriveranno </div>
<div class="MsoNormal">
quando io avrò dimenticato le domande.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Il mio petto dilaniato dalla giustizia</div>
<div class="MsoNormal">
del figlio smetterà di sanguinare:</div>
<div class="MsoNormal">
io no. Sanguinerò sempre</div>
<div class="MsoNormal">
nella dimora di ciò che non è più.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Agamennone, lo sposo che mi uccise</div>
<div class="MsoNormal">
il figlio di Pelope nel grembo, </div>
<div class="MsoNormal">
immolò anche Ifigenia per la sua gloria, </div>
<div class="MsoNormal">
per il rogo di Troia innocente. Lo attesi.</div>
<div class="MsoNormal">
Come si aspettano i vincitori. </div>
<div class="MsoNormal">
Come Penelope sospirò Odisseo </div>
<div class="MsoNormal">
che tardava. Invocai i fuochi sulle alture:</div>
<div class="MsoNormal">
annuncio del suo ingresso in Micene.</div>
<div class="MsoNormal">
Approntai le stanze. La sala del bagno</div>
<div class="MsoNormal">
fu l’altare innalzato alla vendetta</div>
<div class="MsoNormal">
ristoratrice: non era vestito né nudo,</div>
<div class="MsoNormal">
non era sazio né a digiuno, non era…</div>
<div class="MsoNormal">
nella Casa né fuori. Non era in acqua</div>
<div class="MsoNormal">
e neanche sulla terraferma. Egisto, </div>
<div class="MsoNormal">
il misero compagno delle notti amare,</div>
<div class="MsoNormal">
sferzò i colpi mortali: io impugnai</div>
<div class="MsoNormal">
l’ascia bipenne per esibire la testa</div>
<div class="MsoNormal">
del tiranno, ma non come la Baccante </div>
<div class="MsoNormal">
il figlio. Consapevole di andare </div>
<div class="MsoNormal">
a morte certa: Giustizia, la dea </div>
<div class="MsoNormal">
senza madre e senza marito, </div>
<div class="MsoNormal">
la dea del maschio</div>
<div class="MsoNormal">
offenda pure la sua stessa natura!</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Stragi e infamie, violento mostro fui:</div>
<div class="MsoNormal">
in corpo di donna regale. Figlia </div>
<div class="MsoNormal">
di fortuna: di sorte efferata, sanguinaria.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Ho goduto del sangue nero dell’uomo </div>
<div class="MsoNormal">
che un tempo amai; il suo talamo </div>
<div class="MsoNormal">
ho fatto caldo e prospero di figli: </div>
<div class="MsoNormal">
sperma che non ha mai saputo </div>
<div class="MsoNormal">
il bilico uteroso di una donna </div>
<div class="MsoNormal">
che era madre. Privata dei suoi parti. </div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Privata della mia dignità:</div>
<div class="MsoNormal">
Cassandra gridava la grande sciagura,</div>
<div class="MsoNormal">
io fui soltanto Mano. L’assassino</div>
<div class="MsoNormal">
della più volte violata</div>
<div class="MsoNormal">
figlia di Priamo, trascinata in terra</div>
<div class="MsoNormal">
greca-quale civiltà!- fu lui, </div>
<div class="MsoNormal">
fu Agamennone. Sicario oscuro</div>
<div class="MsoNormal">
di vergini, di figlie, di venti, di tempeste.</div>
<div class="MsoNormal">
Sicario delle mie malevoglie:</div>
<div class="MsoNormal">
virgulto prepotente di una malarazza.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Berrò. La sorgente sgorga, come sangue</div>
<div class="MsoNormal">
santo: le mie mani sono coppa</div>
<div class="MsoNormal">
per l’unguento delle mie storture.</div>
<div class="MsoNormal">
Clitemnestra, la cagna, va dove nulla </div>
<div class="MsoNormal">
più è pena. Tutto è Vuoto. Il delirio tace.</div>
<div class="MsoNormal">
Le mani sono monde. Immonda</div>
<div class="MsoNormal">
resterà la memoria della colei</div>
<div class="MsoNormal">
che fu femmina degenere, non avvezza</div>
<div class="MsoNormal">
alla paura, avida di sangue </div>
<div class="MsoNormal">
e morbo per le sue creature morte.</div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Il clitoride non fu vessillo mai.</div>
<div class="MsoNormal">
…Era tormento. </div>
<br />
<div class="MsoNormal">
Ho scelto.</div>
Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-44274372812510066382016-01-10T06:15:00.000-08:002016-01-10T07:33:00.107-08:00CLITENNESTRA<br />
<div style="text-align: right;">
E la pietra imperterrita – vomitava sempre più sangue. </div>
<div style="text-align: right;">
<i>G.Ritsos, Quarta dimensione, La casa morta. </i></div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Iniziare un viaggio con Clitennestra è prendere per mano la sciagura di venire al mondo e penetrare le intercapedini di una inspiegabile forza che devasta e non si arresta mai. Ce n’è sempre di più ed è sempre più incontrollabile.
Chi era Clitennestra? Era figlia di Tindaro e Leda. I suoi fratelli erano Castore e Polluce, erano forti, fortissimi. Erano eroi.
Sua sorella era Elena. E tutto quanto le vesti di Elena hanno lambito è stato sporcato di sangue. Dal sangue non poteva certo esimersi Clitennestra: bellissima, certo, eppure non bella come la più bella di Grecia, non bella come colei per la quale si combatte la guerra che ha visto morire più eroi di sempre. Bella, sì, Clitennestra. Ma non come Elena.
Nel destino di Clitennestra c’erano i Pelopidi, i discendenti tremendi di Pelope, il mitico re dal quale aveva preso nome il Peloponneso.
In prime nozze Clitennestra aveva sposato Tantalo, figlio di Pelope appunto, ucciso da Agamennone, che ne era il nipote. Quindi Agamennone prese in sposa Clitennestra: dalla loro unione terribile nacquero quattro figli. La prima era Elettra, la figlia disperata, colei che ama il padre sopra ogni cosa e odia più di ogni cosa la madre, che le strappa la sua felicità e la mortifica, dando in sposa la principessa ad un contadino: si vendicherà Elettra e la sua vendetta sarà ferale; c’è Crisotemi [1], la silenziosa, questa figlia che porta l’oro nel nome , resta fuori da tutto ciò che accade a Micene, lei guarda, indifesa certo, ma non si lascia coinvolgere da una maledizione che non vuole ascoltare; la terzogenita è Ifigenia, la fanciulla ingannata da un padre che si spoglia della sua paternità e vuole essere capo, in una “civiltà della vergogna”[2] che altrimenti avrebbe fatto di Agamennone l’eroe un vigliacco. C’è, infine, Oreste: il figlio mandato via, il figlio temuto da Clitennestra; il figlio che torna per vendicare suo padre.
Mentre Agamennone, da dieci anni combatteva a Troia per colpa di Elena, Clitennestra, rimasta a Micene, aveva preso ad amarsi con Egisto: era, quest’ultimo, cugino di Agamennone, che con gli Atridi[3] aveva un conto in sospeso.
Dopo in sacrificio di Ifigenia, fatta arrivare in Aulide, ove la flotta greca era ferma per mancanza di venti favorevoli, con l’inganno (avrebbe dovuto sposare Achille), Clitennestra ordisce la più atroce delle vendette: inventa la pyrsèia, ossia la catena di falò, che doveva annunciarle il ritorno di Agamennone, il quale, giunto a Micene, viene ucciso dal pugnale di Clitennestra, mentre è caduto nella rete di Egisto, nelle sale del bagno.
“Sangue chiama sangue” e la morte di Agamennone dev’essere purificata: sulla tomba del padre si reca Elettra, vestita a lutto, per le libagioni: invoca, nel pianto disperato, il ritorno di Oreste, l’unico che può riportare l’Ordine a Micene.
E Oreste torna: va al palazzo e la madre trema. </div>
<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
τί δ᾽ ἐστὶ χρῆμα; τίνα βοὴν ἵστης δόμοις;<br />
Οἰκέτης<br />
τὸν ζῶντα καίνειν τοὺς τεθνηκότας λέγω.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
οἲ ᾽γώ. ξυνῆκα τοὔπος ἐξ αἰνιγμάτων.<br />
δόλοις ὀλούμεθ᾽, ὥσπερ οὖν ἐκτείναμεν.<br />
δοίη τις ἀνδροκμῆτα πέλεκυν ὡς τάχος•<br />
εἰδῶμεν εἰ νικῶμεν, ἢ νικώμεθα•<br />
ἐνταῦθα γὰρ δὴ τοῦδ᾽ ἀφικόμην κακοῦ.<br />
Ὀρέστης<br />
σὲ καὶ ματεύω• τῷδε δ᾽ ἀρκούντως ἔχει.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
οἲ ᾽γώ. τέθνηκας, φίλτατ᾽ Αἰγίσθου βία.<br />
Ὀρέστης<br />
φιλεῖς τὸν ἄνδρα; τοιγὰρ ἐν ταὐτῷ τάφῳ<br />
κείσῃ• θανόντα δ᾽ οὔτι μὴ προδῷς ποτε.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
ἐπίσχες, ὦ παῖ, τόνδε δ᾽ αἴδεσαι, τέκνον,<br />
μαστόν, πρὸς ᾧ σὺ πολλὰ δὴ βρίζων ἅμα<br />
οὔλοισιν ἐξήμελξας εὐτραφὲς γάλα.<br />
Ὀρέστης<br />
Πυλάδη τί δράσω; μητέρ᾽ αἰδεσθῶ κτανεῖν;<br />
Πυλάδης<br />
ποῦ δὴ τὰ λοιπὰ Λοξίου μαντεύματα<br />
τὰ πυθόχρηστα, πιστὰ δ᾽ εὐορκώματα;<br />
ἅπαντας ἐχθροὺς τῶν θεῶν ἡγοῦ πλέον.<br />
Ὀρέστης<br />
κρίνω σὲ νικᾶν, καὶ παραινεῖς μοι καλῶς.<br />
ἕπου, πρὸς αὐτὸν τόνδε σὲ σφάξαι θέλω.<br />
καὶ ζῶντα γάρ νιν κρείσσον᾽ ἡγήσω πατρός•<br />
τούτῳ θανοῦσα ξυγκάθευδ᾽, ἐπεὶ φιλεῖς<br />
τὸν ἄνδρα τοῦτον, ὃν δ᾽ ἐχρῆν φιλεῖν στυγεῖς.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
ἐγώ σ᾽ ἔθρεψα, σὺν δὲ γηράναι θέλω.<br />
Ὀρέστης<br />
πατροκτονοῦσα γὰρ ξυνοικήσεις ἐμοί;<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
ἡ Μοῖρα τούτων, ὦ τέκνον, παραιτία.<br />
Ὀρέστης<br />
καὶ τόνδε τοίνυν Μοῖρ᾽ ἐπόρσυνεν μόρον.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
οὐδὲν σεβίζῃ γενεθλίους ἀράς, τέκνον;<br />
Ὀρέστης<br />
τεκοῦσα γάρ μ᾽ ἔῤῥιψας ἐς τὸ δυστυχές.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
οὔτοι σ᾽ ἀπέῤῥιψ᾽ εἰς δόμους δορυξένους.<br />
Ὀρέστης<br />
αἰκῶς ἐπράθην ὢν ἐλευθέρου πατρός.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
ποῦ δῆθ᾽ ὁ τῖμος, ὅντιν᾽ ἀντεδεξάμην;<br />
Ὀρέστης<br />
αἰσχύνομαί σοι τοῦτ᾽ ὀνειδίσαι σαφῶς.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
μὴ ἀλλ᾽ εἴφ᾽ ὁμοίως καὶ πατρὸς τοῦ σοῦ μάτας.<br />
Ὀρέστης<br />
μὴ ᾽λεγχε τὸν πονοῦντ᾽ ἔσω καθημένη.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
ἄλγος γυναιξὶν ἀνδρὸς εἴργεσθαι, τέκνον.<br />
Ὀρέστης<br />
τρέφει δέ γ᾽ ἀνδρὸς μόχθος ἡμένας ἔσω.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
κτενεῖν ἔοικας, ὦ τέκνον, τὴν μητέρα.<br />
Ὀρέστης<br />
σύ τοι σεαυτήν, οὐκ ἐγώ, κατακτενεῖς.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
ὅρα, φύλαξαι μητρὸς ἐγκότους κύνας.<br />
Ὀρέστης<br />
τὰς τοῦ πατρὸς δὲ πῶς φύγω, παρεὶς τάδε;<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
ἔοικα θρηνεῖν ζῶσα πρὸς τύμβον μάτην.<br />
Ὀρέστης<br />
πατρὸς γὰρ αἶσα τόνδε σοὐρίζει μόρον.<br />
Κλυταιμνήστρα<br />
οἲ ᾽γὼ τεκοῦσα τόνδ᾽ ὄφιν ἐθρεψάμην.<br />
ἦ κάρτα μάντις οὑξ ὀνειράτων φόβος.<br />
Ὀρέστης<br />
ἔκανες ὃν οὐ χρῆν, καὶ τὸ μὴ χρεὼν πάθε.<br />
<br />
<i>Eschilo, Coefore, vv. 885-930 </i><br />
<br />
<br />
Clitennestra:<br />
Cosa accade? Che grida innalzi nella casa?<br />
Servo:<br />
Dico che i morti uccidono colui che vive.<br />
Clitennestra:<br />
Ahimè! Parli per enigmi, ma ho capito.<br />
Ci aspettano inganni, come noi ingannammo.<br />
Datemi, fate in fretta, un’ascia assassina,<br />
vediamo se vinciamo o siamo vinti!<br />
Sono giunta ormai a questa sciagura.<br />
Oreste:<br />
Voglio te. Lui ha pagato il suo debito.<br />
Clitennestra:<br />
Ahime! Sei morto: vita amatissima di Egisto!<br />
Oreste:<br />
Ami quest’uomo? Giacerai nella sua stessa
tomba:<br />
non lascerai più costui nella morte!<br />
Clitennestra:<br />
Fermati, figlio! Abbi pietà di questo seno,<br />
figlio,
dal quale tu molte volte, dormendo,<br />
succhiasti dolce latte con voracità.<br />
Oreste:<br />
Cosa farò, Pilade? Devo avere pietà della madre?<br />
Pilade:<br />
Che fine hanno fatto i magici oracoli di Apollo<br />
pronunciati dalla Pizia e i sacri giuramenti?<br />
Abbi tutti come nemici, non gli dei!<br />
Oreste:<br />
Hai ragione, mi consigli bene.<br />
Seguimi, ti sgozzerò presso di lui.<br />
Mentre era vivo lo hai considerato migliore del padre;<br />
giacerai, morendo, con lui, poiché ami<br />
quest’uomo e odi chi avresti dovuto amare.<br />
Clitennestra:<br />
Io ti nutrii, voglio invecchiare con te!<br />
Oreste:<br />
Dovrebbe stare con me chi uccise mio padre?<br />
Clitennestra:<br />
Il destino, figlio mio, fu causa di tutto.<br />
Oreste:<br />
E il destino, ora, ti assegna questa sorte!<br />
Clitennestra:<br />
Non ignorare le preghiere di chi ti ha generato, figlio!<br />
Oreste:<br />
Generandomi, mi hai scagliato nel male.<br />
Clitennestra:<br />
Gettarti nel male in case amiche?<br />
Oreste:<br />
Fui venduto due volte, io che nacqui libero.<br />
Clitennestra:<br />
E quale guadagno, quale, ne ebbi?<br />
Oreste:<br />
Mi vergogno persino a ricordartelo apertamente!<br />
Clitennestra:<br />
Ma su, elenca anche le colpe di tuo padre!<br />
Oreste:<br />
Tu, al sicuro in casa, non vomitare veleno su chi opera.<br />
Clitennestra:<br />
E’ un dolore per le donne che il marito sia lontano, figlio.<br />
Oreste:<br />
L’opera dell’uomo nutre chi se ne sta al sicuro, in casa.<br />
Clitennestra:<br />
Figlio, vuoi uccidere tua madre?<br />
Oreste:<br />
Tu hai ucciso te stessa, non io.<br />
Clitennestra:<br />
Temi le furie rabbiose di tua madre!<br />
Oreste:<br />
Fuggo quelle del padre, se ti risparmio?<br />
Clitennestra:<br />
Viva presso la mia tomba piango il mio destino.<br />
Oreste:<br />
Il destino di mio padre ti ha portata a questo.<br />
Clitennestra:<br />
Ahimè, ho generato e nutrito un verme!<br />
Ben fu profeta il terrore dei sogni.<br />
Oreste:<br />
Hai ucciso chi non dovevi e ora ne paghi lo scotto.[4]<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4V9AwycusR3wBuiU2KLTVMXKzKJHbWnu_ooDJc4fWeBRnuxF0TnLKIqXpVRczhB_0WF7DNe4OemZm0wn4wHho0pj1cVD5H6_SfzhjlgDrenZZAuN0L0sDGo1bUk9IiDx172LlLYY0GbQ/s1600/IMG_20150628_093848.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4V9AwycusR3wBuiU2KLTVMXKzKJHbWnu_ooDJc4fWeBRnuxF0TnLKIqXpVRczhB_0WF7DNe4OemZm0wn4wHho0pj1cVD5H6_SfzhjlgDrenZZAuN0L0sDGo1bUk9IiDx172LlLYY0GbQ/s400/IMG_20150628_093848.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="color: #cc0000;">Micene, Porta dei Leoni, giugno 2015</span></td></tr>
</tbody></table>
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<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
Clitennestra è morta. Oreste ha vendicato suo padre, uccidendo colei che lo ha partorito.
Tra gli ulivi e i melograni che cingono l’altura di Micene, di notte, quando anche le stelle si spengono e la luna è nuova, le urla di Clitennestra si sentono ancora e fanno da controcanto al latrare dei cani.
La sua tomba è una prigione: alla sua destra c’è il tumulo di Egisto, alla sua sinistra, più ampio, il letto di morte di Agamennone. A volgere lo sguardo verso l’alto, c’è una muraglia: la Porta dei Leoni troneggia: tra le case e i segreti di Micene, se si percuote, a piedi scalzi, quella terra battuta, si sente addosso il veleno dei serpenti e la bava delle lumache, i capelli restano impigliati nella ragnatela e gli occhi si gonfiano per la gramigna che vi germoglia.
Micene è oro e morte. Per sempre.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHhRrzAZVPzg3ln-ajB96d2RSYf447lQR3HnUscCPg1PG-CC1A28W0WJZInk1RMYl9mRyQziAHQfcFCzSd1_YUTGon18_nuRNrYAyWRS42pp15RUZJVL7VP2HbgD5y56ot-lpn_FF8nyc/s1600/20150628_101041.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHhRrzAZVPzg3ln-ajB96d2RSYf447lQR3HnUscCPg1PG-CC1A28W0WJZInk1RMYl9mRyQziAHQfcFCzSd1_YUTGon18_nuRNrYAyWRS42pp15RUZJVL7VP2HbgD5y56ot-lpn_FF8nyc/s400/20150628_101041.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="color: #cc0000;">Micene, giugno 2015</span></td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
__________________________</div>
<div class="MsoFootnoteText">
<span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif"; font-size: 10.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[1]</span></span><!--[endif]--></span>
χρυσός in greco antico significa oro </div>
<div class="MsoFootnoteText">
<span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif"; font-size: 10.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[2]</span></span><!--[endif]--></span>
E.R. Dodds, I greci e l’irrazionale. In questo magnifico saggio, il grecista
Dodds distingue la“civiltà della vergogna”, che è sostanzialmente la civiltà
omerica, quella in cui l’eroe è tale solo se riconosciuto dagli altri e “civiltà
della colpa”, la società in cui l’uomo scopre la coscienza e da essa si fa
guidare, basti pensare a quel frammento di Archiloco, in cui il poeta dice che
non è “vergognoso”-appunto- abbandonare lo scudo e salvare la propria vita:
questo in una civiltà come quella omerica sarebbe stato un gesto di
imperdonabile pusillanimità. E, si sa, all’eroe non si addice la paura.</div>
<div style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoFootnoteText">
<span class="MsoFootnoteReference"><!--[if !supportFootnotes]--><span class="MsoFootnoteReference"><span style="font-family: "Calibri","sans-serif"; font-size: 10.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">[3]</span></span><!--[endif]--></span>
Agamennone e Menelao, figli di Atreo, che aveva ucciso i fratelli di Egisto,
quand’erano piccoli, e li aveva dati in pasto a Tieste, il loro padre, che
aveva offeso il fratello, seducendone la moglie Erope.[4] Traduzione F.Aurelio</div>
Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2770922397103046216.post-37349492707393011282016-01-09T06:45:00.002-08:002016-01-09T06:45:42.948-08:00Grecità al singolare femminile. Perchè nasce La Donna e il Mostro nel Mito.<div style="text-align: justify;">
di Francesca Aurelio</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sono una donna. Non conta l'età. Non conta dove e perchè sono. Conta solo che io sia. Ho sempre creduto che la forma più sincera dell'essere umano sia quella che egli ama. Amare è non soltanto essere se stessi, ma è soprattutto essere la parte migliore di sè e sentirsi a proprio agio, mentre essa splende. Mi sono chiesta, molte volte, in quale luogo e in quale forma splendesse la parte migliore di me e, soprattutto, in quale luogo di me io mi senta a mio agio. La risposta è sempre stata limpida: la mitologia, la letteratura, l'arte greche. Tutto quello che io chiamo <b>Grecità al singolare femminile</b>. E' lì che mi cerco, nei frammenti, nelle varianti, nella colpa, nella redenzione, nella stirpe, nella radice e nella purificazione, nel canto e nel pianto, nella culla e nella tomba, nel canto nuziale e nell'esecuzione del capro. Tutto ciò che siamo è fermato, per sempre, nelle istantanee irresistibili del mito. </div>
<div style="text-align: justify;">
Questa fantasmagoria ho voluto chiamarla La Donna e il Mostro perchè sono le fascinazioni più irresistibili del creato. E dalla donna e dal mostro farneticheremo sull'uomo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Non ho pretese di insegnamento, il mio scopo è imparare. Se qualcosa di pedagogico c'è in quest'idea è assai "terra terra": il fiore della gioventù ginnasiale potrà avere qui un luogo nel quale scorazzare tra una Clitennestra arrabbiata e una Medea ferita, tra un Achille che piange e un Odisseo che fugge via.<br />Semplicemente. Per innamorarsi. Chè per l'amore c'è tempo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br />Buon viaggio!</div>
Medeahttp://www.blogger.com/profile/00131350980265057749noreply@blogger.com8