venerdì 1 giugno 2018

“Non siamo botti vuote, ma campi di battaglia”: Fuochi, il nuovo libro di Roberto Farina edito da Le Milieu.




C’è uno scrittore che è un aedo: la sua prosa è come il canto di Demodoco alla corte di Alcinoo, commuove e fa godere; i suoi racconti sono come gli amori di Ares e Afrodite: incomparabili, di guerra e d’amore, di mistero e di lava.
Roberto Farina è un equilibrista che, dalla sua corda sospesa a mezz’aria, guarda le mongolfiere compiere i loro virtuosismi nel cielo e i loro Fuochi sono alimentati dall’attaccamento alla vita, dall’istinto alla gioia, pur nella consapevolezza, che mai viene meno, neanche per un istante, d’essere mortali.

 E Farina, che pure non lesina la brutalità della morte e non fa sconti alla coscienza feroce della precarietà d’esistere, tesse un canto alla vita che sboccia, che ama, che trema, che rischia, alla vita che esplode e che si reinventa, a chi si rigenera e non risorge (chè la resurrezione sarebbe un’illusione tremenda), a chi non si arrende, a chi fa della generosità il suo fiore sul petto, a chi deve andar via e a chi non è mai stato.

Fuochi è un’edizione speciale: è un’ampolla che custodisce il secretum; sono quattro racconti che, insieme, formano una corona di cellule vive: ogni sillaba secerne un liquido emozionale, che nasce dalle stimmate dell’homo humanus e diventa seme che feconda la terra, immane e vorticoso utero che, accogliendo, rigenera in quell’anaciclosi inesorabile, unica consolazione, unica centrifuga di speranza.
Ogni racconto è un monito a bere tutto il calice della propria esistenza: Giancarlo Bugetti gioca da sempre col fuoco e “la sommità del (suo) cuore sembrava scucita”, si commuove facilmente, perché ha “il cuore spezzato”; “Gianca” ha temuto sempre i “due morsi di lupo” e il lupo non lo ha risparmiato: lui però spegne la luce per non vedere le sue ferite, almeno fino a domani.  Etty Hillesum è la fanciulla dei fiori, la ragazza “golosa”. Etty è amata da Klaas, ma poi fa la lotta sul tappeto con il dottor Spier, si fa inseguire da un verso di Rilke e, ferma davanti ad un lillà, guarda passare due SS tedesche a pochi metri da lei: “Come possono coesistere tanta bellezza e atrocità?”, si chiede. Anche Etty viene ferita a morte, come Gianca, e anche lei sa che “Siamo degli avamposti di universo, disseminati in tutto il mondo”. E’ la volta di Idio, il milite ignoto, il bambino generoso, il fanciullo che cura il dolore con l’erba spargine, il giovane che va alla guerra e alla guerra Idio conosce la morte; la madre lo chiama Bimbo e la trincea lo ingoia; di tanti giovani non restano che monumenti al Milite ignoto e, nel giorno della festa e delle commemorazioni, una madre “piccola e minuta”, guardando una statua in onore ai caduti, non può che dire:”Non somiglia per nulla al mio Bimbo”.  L’ultimo racconto è dedicato a Kaspar Hauser: in lui si cela un mistero mostruoso; lui non è oppure è e non può essere; lui è l’errore che conferma la regola; Kaspar è l’enigma, Kaspar è un redivivo Edipo, una novella Gorgone: i mostri non possono amare.
Fuochi ha quattro fiamme: una più rubescente dell’altra, caldissime scintille di lava universale, lapilli di magma ancestrale. Roberto Farina scrive con penna incandescente, a sangue caldo. Quando la passione si infiamma, l’incendio travolge e non c’è contrario che possa annullarlo. Roberto Farina ha spiato Efesto, mentre lavorava nelle sue fucine, ha scaldato il suo cuore alle fiamme del dio e ha sognato quattro eroi che restano, come un tatuaggio, sulla superficie dell’anima.
Degna di nota la copertina: un nome, un titolo e un dipinto –incandescente- di Giandante X.

Francesca Aurelio


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