domenica 10 gennaio 2016

CLITENNESTRA


E la pietra imperterrita – vomitava sempre più sangue. 
G.Ritsos, Quarta dimensione, La casa morta. 

Iniziare un viaggio con Clitennestra è prendere per mano la sciagura di venire al mondo e penetrare le intercapedini di una inspiegabile forza che devasta e non si arresta mai. Ce n’è sempre di più ed è sempre più incontrollabile. Chi era Clitennestra? Era figlia di Tindaro e Leda. I suoi fratelli erano Castore e Polluce, erano forti, fortissimi. Erano eroi. Sua sorella era Elena. E tutto quanto le vesti di Elena hanno lambito è stato sporcato di sangue. Dal sangue non poteva certo esimersi Clitennestra: bellissima, certo, eppure non bella come la più bella di Grecia, non bella come colei per la quale si combatte la guerra che ha visto morire più eroi di sempre. Bella, sì, Clitennestra. Ma non come Elena. Nel destino di Clitennestra c’erano i Pelopidi, i discendenti tremendi di Pelope, il mitico re dal quale aveva preso nome il Peloponneso. In prime nozze Clitennestra aveva sposato Tantalo, figlio di Pelope appunto, ucciso da Agamennone, che ne era il nipote. Quindi Agamennone prese in sposa Clitennestra: dalla loro unione terribile nacquero quattro figli. La prima era Elettra, la figlia disperata, colei che ama il padre sopra ogni cosa e odia più di ogni cosa la madre, che le strappa la sua felicità e la mortifica, dando in sposa la principessa ad un contadino: si vendicherà Elettra e la sua vendetta sarà ferale; c’è Crisotemi [1], la silenziosa, questa figlia che porta l’oro nel nome , resta fuori da tutto ciò che accade a Micene, lei guarda, indifesa certo, ma non si lascia coinvolgere da una maledizione che non vuole ascoltare; la terzogenita è Ifigenia, la fanciulla ingannata da un padre che si spoglia della sua paternità e vuole essere capo, in una “civiltà della vergogna”[2]  che altrimenti avrebbe fatto di Agamennone l’eroe un vigliacco. C’è, infine, Oreste: il figlio mandato via, il figlio temuto da Clitennestra; il figlio che torna per vendicare suo padre. Mentre Agamennone, da dieci anni combatteva a Troia per colpa di Elena, Clitennestra, rimasta a Micene, aveva preso ad amarsi con Egisto: era, quest’ultimo, cugino di Agamennone, che con gli Atridi[3] aveva un conto in sospeso. Dopo in sacrificio di Ifigenia, fatta arrivare in Aulide, ove la flotta greca era ferma per mancanza di venti favorevoli, con l’inganno (avrebbe dovuto sposare Achille), Clitennestra ordisce la più atroce delle vendette: inventa la pyrsèia, ossia la catena di falò, che doveva annunciarle il ritorno di Agamennone, il quale, giunto a Micene, viene ucciso dal pugnale di Clitennestra, mentre è caduto nella rete di Egisto, nelle sale del bagno. “Sangue chiama sangue” e la morte di Agamennone dev’essere purificata: sulla tomba del padre si reca Elettra, vestita a lutto, per le libagioni: invoca, nel pianto disperato, il ritorno di Oreste, l’unico che può riportare l’Ordine a Micene. E Oreste torna: va al palazzo e la madre trema. 

 Κλυταιμνήστρα
τί δ᾽ ἐστὶ χρῆμα; τίνα βοὴν ἵστης δόμοις;
 Οἰκέτης
τὸν ζῶντα καίνειν τοὺς τεθνηκότας λέγω.
Κλυταιμνήστρα
οἲ ᾽γώ. ξυνῆκα τοὔπος ἐξ αἰνιγμάτων.
δόλοις ὀλούμεθ᾽, ὥσπερ οὖν ἐκτείναμεν.
δοίη τις ἀνδροκμῆτα πέλεκυν ὡς τάχος•
εἰδῶμεν εἰ νικῶμεν, ἢ νικώμεθα•
 ἐνταῦθα γὰρ δὴ τοῦδ᾽ ἀφικόμην κακοῦ.
Ὀρέστης
σὲ καὶ ματεύω• τῷδε δ᾽ ἀρκούντως ἔχει.
Κλυταιμνήστρα
οἲ ᾽γώ. τέθνηκας, φίλτατ᾽ Αἰγίσθου βία.
Ὀρέστης
φιλεῖς τὸν ἄνδρα; τοιγὰρ ἐν ταὐτῷ τάφῳ
κείσῃ• θανόντα δ᾽ οὔτι μὴ προδῷς ποτε.
 Κλυταιμνήστρα
ἐπίσχες, ὦ παῖ, τόνδε δ᾽ αἴδεσαι, τέκνον,
μαστόν, πρὸς ᾧ σὺ πολλὰ δὴ βρίζων ἅμα
οὔλοισιν ἐξήμελξας εὐτραφὲς γάλα.
Ὀρέστης
Πυλάδη τί δράσω; μητέρ᾽ αἰδεσθῶ κτανεῖν;
Πυλάδης
ποῦ δὴ τὰ λοιπὰ Λοξίου μαντεύματα
 τὰ πυθόχρηστα, πιστὰ δ᾽ εὐορκώματα;
ἅπαντας ἐχθροὺς τῶν θεῶν ἡγοῦ πλέον.
Ὀρέστης
κρίνω σὲ νικᾶν, καὶ παραινεῖς μοι καλῶς.
ἕπου, πρὸς αὐτὸν τόνδε σὲ σφάξαι θέλω.
καὶ ζῶντα γάρ νιν κρείσσον᾽ ἡγήσω πατρός•
 τούτῳ θανοῦσα ξυγκάθευδ᾽, ἐπεὶ φιλεῖς
τὸν ἄνδρα τοῦτον, ὃν δ᾽ ἐχρῆν φιλεῖν στυγεῖς.
Κλυταιμνήστρα
ἐγώ σ᾽ ἔθρεψα, σὺν δὲ γηράναι θέλω.
Ὀρέστης
πατροκτονοῦσα γὰρ ξυνοικήσεις ἐμοί;
Κλυταιμνήστρα
ἡ Μοῖρα τούτων, ὦ τέκνον, παραιτία.
 Ὀρέστης
καὶ τόνδε τοίνυν Μοῖρ᾽ ἐπόρσυνεν μόρον.
Κλυταιμνήστρα
οὐδὲν σεβίζῃ γενεθλίους ἀράς, τέκνον;
Ὀρέστης
τεκοῦσα γάρ μ᾽ ἔῤῥιψας ἐς τὸ δυστυχές.
Κλυταιμνήστρα
οὔτοι σ᾽ ἀπέῤῥιψ᾽ εἰς δόμους δορυξένους.
Ὀρέστης
αἰκῶς ἐπράθην ὢν ἐλευθέρου πατρός.
 Κλυταιμνήστρα
 ποῦ δῆθ᾽ ὁ τῖμος, ὅντιν᾽ ἀντεδεξάμην;
Ὀρέστης
αἰσχύνομαί σοι τοῦτ᾽ ὀνειδίσαι σαφῶς.
Κλυταιμνήστρα
μὴ ἀλλ᾽ εἴφ᾽ ὁμοίως καὶ πατρὸς τοῦ σοῦ μάτας.
Ὀρέστης
μὴ ᾽λεγχε τὸν πονοῦντ᾽ ἔσω καθημένη.
Κλυταιμνήστρα
ἄλγος γυναιξὶν ἀνδρὸς εἴργεσθαι, τέκνον.
 Ὀρέστης
 τρέφει δέ γ᾽ ἀνδρὸς μόχθος ἡμένας ἔσω.
Κλυταιμνήστρα
κτενεῖν ἔοικας, ὦ τέκνον, τὴν μητέρα.
Ὀρέστης
σύ τοι σεαυτήν, οὐκ ἐγώ, κατακτενεῖς.
Κλυταιμνήστρα
ὅρα, φύλαξαι μητρὸς ἐγκότους κύνας.
Ὀρέστης
τὰς τοῦ πατρὸς δὲ πῶς φύγω, παρεὶς τάδε;
 Κλυταιμνήστρα
ἔοικα θρηνεῖν ζῶσα πρὸς τύμβον μάτην.
Ὀρέστης
πατρὸς γὰρ αἶσα τόνδε σοὐρίζει μόρον.
Κλυταιμνήστρα
οἲ ᾽γὼ τεκοῦσα τόνδ᾽ ὄφιν ἐθρεψάμην.
ἦ κάρτα μάντις οὑξ ὀνειράτων φόβος.
Ὀρέστης
ἔκανες ὃν οὐ χρῆν, καὶ τὸ μὴ χρεὼν πάθε.

 Eschilo, Coefore, vv. 885-930 


Clitennestra:
Cosa accade? Che grida innalzi nella casa?
Servo:
Dico che i morti uccidono colui che vive.
Clitennestra:
Ahimè! Parli per enigmi, ma ho capito.
Ci aspettano inganni, come noi ingannammo.
Datemi, fate in fretta, un’ascia assassina,
vediamo se vinciamo o siamo vinti!
Sono giunta ormai a questa sciagura.
Oreste:
Voglio te. Lui ha pagato il suo debito.
Clitennestra:
Ahime! Sei morto: vita amatissima di Egisto!
Oreste:
Ami quest’uomo? Giacerai nella sua stessa tomba:
non lascerai più costui nella morte!
Clitennestra:
Fermati, figlio! Abbi pietà di questo seno,
figlio, dal quale tu molte volte, dormendo,
succhiasti dolce latte con voracità.
Oreste:
Cosa farò, Pilade? Devo avere pietà della madre?
Pilade:
Che fine hanno fatto i magici oracoli di Apollo
pronunciati dalla Pizia e i sacri giuramenti?
Abbi tutti come nemici, non gli dei!
Oreste:
Hai ragione, mi consigli bene.
Seguimi, ti sgozzerò presso di lui.
Mentre era vivo lo hai considerato migliore del padre;
giacerai, morendo, con lui, poiché ami
 quest’uomo e odi chi avresti dovuto amare.
Clitennestra:
Io ti nutrii, voglio invecchiare con te!
Oreste:
Dovrebbe stare con me chi uccise mio padre?
Clitennestra:
Il destino, figlio mio, fu causa di tutto.
Oreste:
E il destino, ora, ti assegna questa sorte!
Clitennestra:
Non ignorare le preghiere di chi ti ha generato, figlio!
Oreste:
Generandomi, mi hai scagliato nel male.
Clitennestra:
Gettarti nel male in case amiche?
Oreste:
Fui venduto due volte, io che nacqui libero.
Clitennestra:
E quale guadagno, quale, ne ebbi?
Oreste:
Mi vergogno persino a ricordartelo apertamente!
Clitennestra:
Ma su, elenca anche le colpe di tuo padre!
Oreste:
Tu, al sicuro in casa, non vomitare veleno su chi opera.
Clitennestra:
E’ un dolore per le donne che il marito sia lontano, figlio.
Oreste:
L’opera dell’uomo nutre chi se ne sta al sicuro, in casa.
Clitennestra:
Figlio, vuoi uccidere tua madre?
Oreste:
Tu hai ucciso te stessa, non io.
Clitennestra:
Temi le furie rabbiose di tua madre!
Oreste:
Fuggo quelle del padre, se ti risparmio?
Clitennestra:
Viva presso la mia tomba piango il mio destino.
Oreste:
Il destino di mio padre ti ha portata a questo.
Clitennestra:
Ahimè, ho generato e nutrito un verme!
Ben fu profeta il terrore dei sogni.
Oreste:
Hai ucciso chi non dovevi e ora ne paghi lo scotto.[4]


Micene, Porta dei Leoni, giugno 2015



 Clitennestra è morta. Oreste ha vendicato suo padre, uccidendo colei che lo ha partorito. Tra gli ulivi e i melograni che cingono l’altura di Micene, di notte, quando anche le stelle si spengono e la luna è nuova, le urla di Clitennestra si sentono ancora e fanno da controcanto al latrare dei cani. La sua tomba è una prigione: alla sua destra c’è il tumulo di Egisto, alla sua sinistra, più ampio, il letto di morte di Agamennone. A volgere lo sguardo verso l’alto, c’è una muraglia: la Porta dei Leoni troneggia: tra le case e i segreti di Micene, se si percuote, a piedi scalzi, quella terra battuta, si sente addosso il veleno dei serpenti e la bava delle lumache, i capelli restano impigliati nella ragnatela e gli occhi si gonfiano per la gramigna che vi germoglia. Micene è oro e morte. Per sempre.


Micene, giugno 2015


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[1] χρυσός in greco antico significa oro
[2] E.R. Dodds, I greci e l’irrazionale. In questo magnifico saggio, il grecista Dodds distingue la“civiltà della vergogna”, che è sostanzialmente la civiltà omerica, quella in cui l’eroe è tale solo se riconosciuto dagli altri e “civiltà della colpa”, la società in cui l’uomo scopre la coscienza e da essa si fa guidare, basti pensare a quel frammento di Archiloco, in cui il poeta dice che non è “vergognoso”-appunto- abbandonare lo scudo e salvare la propria vita: questo in una civiltà come quella omerica sarebbe stato un gesto di imperdonabile pusillanimità. E, si sa, all’eroe non si addice la paura.
[3] Agamennone e Menelao, figli di Atreo, che aveva ucciso i fratelli di Egisto, quand’erano piccoli, e li aveva dati in pasto a Tieste, il loro padre, che aveva offeso il fratello, seducendone la moglie Erope.[4] Traduzione F.Aurelio

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