C’è uno scrittore che è un aedo: la sua prosa è come il
canto di Demodoco alla corte di Alcinoo, commuove e fa godere; i suoi racconti
sono come gli amori di Ares e Afrodite: incomparabili, di guerra e d’amore, di
mistero e di lava.
Roberto Farina è un equilibrista che, dalla sua corda
sospesa a mezz’aria, guarda le mongolfiere compiere i loro virtuosismi nel
cielo e i loro Fuochi sono alimentati dall’attaccamento alla vita, dall’istinto
alla gioia, pur nella consapevolezza, che mai viene meno, neanche per un
istante, d’essere mortali.
E Farina, che pure non lesina la
brutalità della morte e non fa sconti alla coscienza feroce della precarietà d’esistere,
tesse un canto alla vita che sboccia, che ama, che trema, che rischia, alla
vita che esplode e che si reinventa, a chi si rigenera e non risorge (chè la resurrezione
sarebbe un’illusione tremenda), a chi non si arrende, a chi fa della generosità
il suo fiore sul petto, a chi deve andar via e a chi non è mai stato.
Fuochi è un’edizione speciale: è un’ampolla che custodisce il
secretum; sono quattro racconti che, insieme, formano una corona di cellule
vive: ogni sillaba secerne un liquido emozionale, che nasce dalle stimmate dell’homo
humanus e diventa seme che feconda la terra, immane e vorticoso utero che,
accogliendo, rigenera in quell’anaciclosi inesorabile, unica consolazione,
unica centrifuga di speranza.
Ogni racconto è un monito a bere tutto il calice della
propria esistenza: Giancarlo Bugetti gioca da sempre col fuoco e “la sommità
del (suo) cuore sembrava scucita”, si commuove facilmente, perché ha “il cuore
spezzato”; “Gianca” ha temuto sempre i “due morsi di lupo” e il lupo non lo ha
risparmiato: lui però spegne la luce per non vedere le sue ferite, almeno fino
a domani. Etty Hillesum è la fanciulla dei
fiori, la ragazza “golosa”. Etty è amata da Klaas, ma poi fa la lotta sul
tappeto con il dottor Spier, si fa inseguire da un verso di Rilke e, ferma
davanti ad un lillà, guarda passare due SS tedesche a pochi metri da lei: “Come
possono coesistere tanta bellezza e atrocità?”, si chiede. Anche Etty viene
ferita a morte, come Gianca, e anche lei sa che “Siamo degli avamposti di
universo, disseminati in tutto il mondo”. E’ la volta di Idio, il milite
ignoto, il bambino generoso, il fanciullo che cura il dolore con l’erba
spargine, il giovane che va alla guerra e alla guerra Idio conosce la morte; la
madre lo chiama Bimbo e la trincea lo ingoia; di tanti giovani non restano che
monumenti al Milite ignoto e, nel giorno della festa e delle commemorazioni,
una madre “piccola e minuta”, guardando una statua in onore ai caduti, non può
che dire:”Non somiglia per nulla al mio Bimbo”.
L’ultimo racconto è dedicato a Kaspar Hauser: in lui si cela un mistero
mostruoso; lui non è oppure è e non può essere; lui è l’errore che conferma la
regola; Kaspar è l’enigma, Kaspar è un redivivo Edipo, una novella Gorgone: i
mostri non possono amare.
Fuochi ha quattro fiamme: una più rubescente dell’altra,
caldissime scintille di lava universale, lapilli di magma ancestrale. Roberto
Farina scrive con penna incandescente, a sangue caldo. Quando la passione si
infiamma, l’incendio travolge e non c’è contrario che possa annullarlo. Roberto
Farina ha spiato Efesto, mentre lavorava nelle sue fucine, ha scaldato il suo
cuore alle fiamme del dio e ha sognato quattro eroi che restano, come un
tatuaggio, sulla superficie dell’anima.
Degna di nota la copertina: un nome, un titolo e un dipinto –incandescente-
di Giandante X.
Francesca Aurelio